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Poliziotti arrestati a Verona, altri 17 agenti indagati

La Procura ha chiesto anche per loro misure interdittive. Una vittima, fermata perché ubriaca, non ricorda il pestaggio subito, ma la gip ha previsto il reato di tortura con ‘dolo intenzionale’. “Vicende di enorme gravità, se confermate” afferma il MInistro Piantedosi. I casi Cucchi, Uva, Magherini, Aldrovandi

Poliziotti arrestati: altri 17 agenti sono indagati

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Verona, 7 giugno 2023  - Si aggrava la situazione della Questura di Verona dove, ai primi 5 arresti di poliziotti per il reato di tortura, lesioni, falso, omissioni di atti d'ufficio, peculato e abuso d'ufficio, si sono aggiunti oggi altri 17 agenti che risultano indagati a vario titolo e contro i quali la Procura della Repubblica scaligera ha avanzato alla gip Livia Magri l'applicazione di misure interdittive, come la sospensione dal servizio o il trasferimento d'ufficio. 

In totale sono in realtà 23 gli agenti che prestavano servizio all’epoca dei fatti contestati, ovvero tra il luglio 2022 e il marzo 2023, presso il Nucleo Volanti che il Questore di Verona Massucci aveva già provveduto a trasferire in uffici per gli adempimenti formali, evitando così il contatto diretto con i fermati. "Il principio del mio provvedimento è stato quello di destinare ad altri incarichi tutti i poliziotti che fossero in una posizione tale da non consentire loro di lavorare in serenità, e quindi li ho spostati in incarichi burocratici; nel frattempo - ha sottolineato - il reparto Volanti ha continuato a lavorare serenamente”.

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Non risulta infatti avessero preso parte alle aggressioni nei confronti dei fermati più fragili, in particolare extracomunitari, senza tetto, persone ubriache: si tratta di stabilire però se possano essere ritenuti responsabili di non aver impedito o comunque non aver denunciato i presunti abusi commessi dai colleghi. 

Nel frattempo sono previsti a breve gli interrogatori dei cinque poliziotti arrestati e messi ai domiciliari.

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Vittima ubriaca non ricorda pestaggio

Non si ricorda di essere stato picchiato e messo ko, all'esterno del famigerato 'acquario’ della Questura di Verona, una delle vittime dei poliziotti arrestati ieri nell'ambito dell'indagine per tortura. Si tratta di un italiano sentito dal magistrato nel dicembre scorso per confermare il quadro che stava uscendo dagli accertamenti e dalle intercettazioni sugli agenti delle Volanti. È nei suoi confronti il pestaggio che uno degli arrestati si vanta di stare compiendo al telefono con la fidanzata: “Adesso ti faccio vedere io quante capocciate alla porta dai, boom boom boom boom”. “E io ridevo come un pazzo”, raccontava alla ragazza. Parlava delle “stecche” sul volto, dei calci e dei pugni. “Ho caricato una stecca amò, bam, lui chiude gli occhi, di sasso per terra è andato a finire, è rimasto a terra”, racconta al telefono.

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Sberle, pugni, calci e le risate

La vicenda risale al 22 agosto scorso, quando il fermato viene visto da una Volante, probabilmente dopo aver assunto alcol e sostanze, e condotto in Questura per accertamenti. Portato nell'’acquario’ si trova assieme ad altre tre persone, cittadini nordafricani anch'essi fermati dagli agenti. Saranno questi tre a confermare la dinamica dell'episodio. La vittima avrebbe dapprima tirato alcune testate alle pareti in plexiglas della stanza; uno degli agenti lo avrebbe quindi invitato a uscire, sapendo che all'esterno dell'acquario non vi sono videocamere di sorveglianza, e lo avrebbe colpito facendogli sbattere la testa sulla porta. Tornato dentro, il giovane ha iniziato a inveire nuovamente contro gli agenti, fatto uscire ancora e qui colpito con un pugno al volto che lo ha fatto stramazzare a terra. Un terzo agente, aizzato dal collega, lo avrebbe infine colpito con calci alla schiena.

La gip: tortura con “dolo intenzionale”

Gli inquirenti hanno sentito il fermato il primo dicembre scorso nella Casa circondariale di Montorio, ma egli dichiarò di non ricordare assolutamente nulla, perché sotto l'effetto di farmaci e alcol. I fatti hanno poi trovato conferma nel racconto dei tre che erano con lui, e che hanno riconosciuto gli agenti in fotografia, raccontando i fatti come aveva fatto lo stesso poliziotto con la sua ragazza. Per questo, la Gip ha configurato il reato di tortura nella forma del 'dolo intenzionale’, considerando il “vero e proprio godimento” mostrato dall'agente nei confronti della vittima che, scrive, “senza aver commesso reati di sorta e semplicemente fermato per identificazione, si è trovato tra le grinfie di quegli indegni operanti di polizia”.

Piantedosi: “Enorme gravità”

"Le vicende che emergono dall'inchiesta di Verona, ove fossero confermate, sarebbero di enorme gravità, lesive innanzitutto della dignità delle vittime ma anche dell'onore e della reputazione di migliaia di donne e uomini della Polizia di Stato che quotidianamente svolgono il proprio servizio ai cittadini con dedizione e sacrificio". Lo ha dichiarato il ministro dell'Interno, Matteo Piantedosi. "La magistratura e la stessa Polizia di Stato faranno piena chiarezza su quanto avvenuto", ha aggiunto.

"La Polizia di Stato che conosco e a cui rinnovo la mia stima e gratitudine per le delicate attività che svolge quotidianamente è quella che senza esitazioni e pregiudizi riesce a fare pulizia al suo interno. Lo dimostrano - ha aggiunto il titolare del Viminale - la fiducia accordata dalla Procura della Repubblica che ha delegato alla Squadra mobile della Questura di Verona lo svolgimento delle indagini e il riconoscimento nell'ordinanza del gip dell'efficienza e della sollecitudine con cui queste sono state svolte".

Sindaco: “Importante che sia indagine interna”

"Sicuramente sono fatti che colpiscono, perché colpiscono uno dei presidi di sicurezza delle nostre città" – ha commentato il sindaco di Verona, Damiano Tommasi. "Sicuramente è un segnale importante - ha aggiunto Tommasi - il fatto che sia figlio di un'indagine interna, veloce, precisa e soprattutto con la voglia di fare chiarezza, che è quello che che tutti noi ci aspettiamo".

Sap: “Telecamere in tutti gli uffici di Polizia”

"E' importante che le indagini e le verifiche stesse siano avvenute dalla stessa Polizia, perché questo significa che vi è una capacità di controllo e trasparenza. Sono oltre dieci anni che chiediamo telecamere non solo sulle divise, ma anche in tutti gli uffici di Polizia per gestire il nostro lavoro in trasparenza. Non si faccia di tutta l'erba un fascio". Così Stefano Paoloni, segretario generale del Sap, Sindacato autonomo di polizia, sugli episodi di violenze e torture avvenute nella questura di Verona. "Si evitino strumentalizzazioni per il bene del Paese e di quanti tutti i giorni si sacrificano correttamente e lealmente per la sicurezza", auspica Paoloni, sottolineando che "è interesse di tutti fare chiarezza il prima possibile, fermo restando che, se qualcuno ha sbagliato, dovrà assumersene la responsabilità. Non si criminalizzi tutto l'apparato poiché sta già dimostrando di saper reagire con determinazione".

I casi di violenza con deceduti

Riccardo Magherini nel 2014

'Tutte le volte che penso alla mia storia mi torna la rabbia e la delusione per l'ingiustizia incredibile che abbiamo subito. Temo che per i fatti emersi a Verona alla fine verranno tutti assolti o ne verrà condannato solo uno. Lo vedremo tra dieci anni''. Così all'Adnkronos Guido Magherini, padre di Riccardo che il 3 marzo 2014, durante un arresto dei carabinieri, morì per asfissia a Borgo San Frediano a Firenze, commentando la vicenda dei 5 poliziotti della questura di Verona arrestati ieri per tortura. ''Certo i poliziotti che hanno fatto le indagini sui loro colleghi sono stati bravi'' sottolinea Magherini ''ma c'è sempre il rischio che le carte in tavola cambino e si capovolga una situazione limpida''. Magherini, dopo che la Cassazione ha assolto i carabinieri coinvolti nell'inchiesta sulla morte del figlio, si è rivolto alla Corte Europea dei Diritti dell'Uomo: ''Attendiamo a breve la nostra sentenza e siamo fiduciosi'' conclude.

Giuseppe Uva nel 2008

''I fatti di Verona dimostrano che a distanza di 15 anni dalla morte di mio fratello non è cambiato niente, anzi mi sa che le cose stanno anche peggiorando''. Lo afferma all'Adnkronos Lucia Uva, sorella di Giuseppe, l'operaio di Varese morto nel giugno 2008 dopo una notte trascorsa in caserma, commentando la vicenda dei 5 poliziotti della questura di Verona arrestati ieri per tortura e atti di violenza commessi tra il luglio 2022 e il marzo 2023. ''A Verona la storia si è ripetuta, anche se qui fortunatamente non c'è stato il morto. Ho ripensato a Giuseppe. In una caserma, fra le mura chiuse - aggiunge - nessuno può fare niente. Questi agenti bisognerebbe buttarli fuori subito senza stipendio perché non meritano di indossare una divisa''. A indagare sugli abusi è stata però, in questo caso, la stessa polizia. ''Ammiro questi poliziotti che hanno condotto le indagini sui loro colleghi, per loro provo il massimo rispetto'' sottolinea Uva ribadendo la richiesta di ''numeri identificativi e bodycam per le forze dell'ordine''. Per la morte di Giuseppe Uva i carabinieri imputati sono stati assolti definitivamente e ora i familiari hanno fatto ricorso alla Corte Europea per i Diritti dell'Uomo. ''Sappiamo chi è stato ma almeno sapremo di aver tentato tutte le strade - conclude Lucia Uva - Il regalo più bello sarebbe che arrivasse una decisione da Strasburgo entro quest'anno''.

Stefano Cucchi nel 2009

Ilaria Cucchi (Sinistra Italiana) interviene a L'aria che tira, su La7, sul caso dei poliziotti arrestati per violenze e torture a Verona: "Ho chiesto l'introduzione delle Body Cam e dei numeri identificativi. Ho intenzione di mettermi a tavolino con il nuovo Capo della Polizia e di ragionare assieme sulle strade da intraprendere". Dopo una lunga serie di omissioni, il 4 aprile 2022 la Corte di Cassazione ha condannato in via definitiva i carabinieri Alessio Di Bernardo e Raffaele D'Alessandro a dodici anni di reclusione per omicidio preterintenzionale.

Federico Aldrovandi nel 2005

“Ciò che mi sorprende, ahimè, non sono le torture, ma che finalmente si facciano le indagini”. Lo dice con una venatura caustica Patrizia Moretti, la madre di Federico Aldrovandi, commentando la scandalosa vicenda di Verona, dove diversi poliziotti sono indagati per aver pestato e torturato in Questura stranieri e senzatetto. Il figlio di Patrizia Moretti morì a 18 anni, il 25 settembre 2005, durante un controllo della polizia in un parco di Ferrara e per la morte quattro agenti furono condannati.

Carlo Giuliani nel 2001

''Bisogna essere molto severi con chi sbaglia, specie nei settori delicati dello Stato, dove purtroppo ci possono essere anche farabutti. Serve una capacità di controllare e punire chi deve essere punito, su questo non si possono avere dubbi. Per fortuna li hanno presi e subiranno quello che giustamente devono subire''. Così all'AdnKronos Giuliano Giuliani, padre di Carlo, il giovane che il 20 luglio del 2001 venne ucciso al G8 di Genova dal carabiniere ausiliario Mario Placanica. Bodycam e numeri identificativi per le forze dell'ordine? ''Servirebbero alle forze dell'ordine stesse perché se non si sa chi ha commesso l'infrazione, che facciamo, puniamo tutti? Chi sbaglia deve essere riconoscibile. É una cosa che andava già fatta, a maggior ragione con le tecnologie che abbiamo a disposizione oggi'' conclude Giuliani.

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