Fratelli morti a Verona, chi sono Patrizio ed Edoardo Baltieri. La psichiatra: “Hikikomori? Sindrome in crescita”

A sparare è stato il 28enne Patrizio, uno studente con una vita da recluso. Prima ha ucciso il fratello con tre colpi di pistola all’addome, poi si è suicidato con un colpo di fucile in testa. Disposta l’autopsia, si scava alla ricerca del movente

Edoardo (sx) e Patrizio Baltieri (dx) e l'esterno dello stabile dove si è consumato l'omicidio suicidio dei due fratelli

Edoardo (sx) e Patrizio Baltieri (dx) e l'esterno dello stabile dove si è consumato l'omicidio suicidio dei due fratelli

Verona, 24 luglio 2023 – Un gesto inspiegabile che ha spezzato per sempre il difficile equilibrio della famiglia Baltieri. Avevano già perso un figlio, stroncato cinque anni fa dalla leucemia, e ora una seconda tragedia ha portato via gli altri due fratelli. Patrizio, il maggiore di 28 anni, ha sparato tre colpi di pistola al più piccolo, Edoardo. Lo ha freddato nell'ingresso di casa, colpendolo all’addome, dove il 24enne si è accasciato al suolo ed è morto sul colpo. Poi si è chiuso a chiave nella sua camera, si è puntato il fucile alla testa e ha premuto il grilletto, facendola finita.

È successo intorno alle 19 di sabato 22 luglio in via Brigata Piemonte, una zona residenziale alla periferia ovest di Verona. A quell’ora la vicina di casa ha sentito dei colpi, ma senza immaginare ciò che stava accadendo. A scoprire i corpi senza vita dei ragazzi è stato il padre, un impiegato di banca in pensione, che sabato è rientrato a casa verso ora di cena e ha visto il corpo di Edoardo riverso a terra in una pozza di sangue. Poi è entrato in camera a cercare l’altro figlio ed è caduto nello sconforto più totale.

La ricerca del movente

In attesa dell’autopsia che chiarirà lo svolgersi degli eventi, nel quartiere San Massimo continua a rimbalzare la stessa domanda: perché? Tante le ipotesi, da una possibile lite furiosa tra i fratelli alla sindrome di Hikikomori, quella tendenza estrema all’isolamento che potrebbe in parte spiegare lo scatto di violenza che ha fatto perdere la testa a Patrizio. Al momento le salme dei fratelli Baltieri si trovano all’obitorio della medicina legale di Borgo Roma: il sostituto procuratore Carlo Boranga ha disposto l’esame autoptico per chiudere il fascicolo, ma le indagini al momento sono orientare ad una sola ipotesi: omicidio-suicidio. Avrebbe fatto tutto Patrizio, facendo fuoco verso il fratello e poi contro di sé con armi regolarmente registrate e che usava al poligono di tiro.

Ragazzi in difficoltà?

I vicini descrivono i due fratelli Baltieri come “ragazzi normali”. Sembravano molto uniti, a legarmi forse era il dolore per la scomparsa del fratello Leo. Eppure qualcosa non quadra in quel gesto tanto violento. Edoardo, il 24enne, aveva lascito il liceo prima di arrivare al diploma. Gli ex compagni di classe ricordano il suo “passato un po’ tormentato” e il "difficile rapporto con i fratelli” Patrizio e Leo, il più grande dei tre, ucciso cinque anni fa dalla leucemia. Ora lavorava come barista nel centro di Verona e stava cercando di rimettersi in carreggiata.

Patrizio: una vita da recluso

Il più introverso dei due però pare fosse Patrizio, 28 anni, studente di matematica all’università e alle prese con mille lavoretti per tirare su qualche soldo. Pare uscisse pochissimo da casa, la sua era quasi una vita da recluso. Qualcuno ieri ha parlato della sindrome di Hikikomori, ma nella sua vita non c’è traccia di un disagio psicologico: non ci sono diagnosi e nessun precedente con la giustizia. Aveva il porro d’armi e amava andare al poligono a sparare.

La psichiatra: “Hikikomori sindrome in aumento”

''Non voglio formulare giudizi sulla tragedia avvenuta in Veneto con l'omicidio suicidio di due fratelli ma se, come si legge, il ragazzo che ha premuto il grilletto era un Hikikomori si conferma la presenza di un problema che è diffuso e sottovalutato''. Lo afferma la professoressa Donatella Marazziti, docente di psichiatria a Pisa e all'UniCamillus di Roma. ''Voglio premettere che la stragrande maggioranza degli Hikikomori non commette atti violenti – prosegue Marazziti – ed ha le capacità e le risorse per superare il problema, ma la sindrome è in costante diffusione e porta a un progressivo isolamento sociale".

“Gli Hikikomori – aggiunge Marazziti, autrice di diverse pubblicazioni sul tema – aumentano in concomitanza con la crescita delle possibilità di dipendenza social e con una tendenza estesa di erigere un muro tra realtà virtuale e vita reale. La confusione inizia nella prima adolescenza e si nutre di nuove occasioni fornite dalle produzioni di attività che, dalla PlayStation alle connessioni informatiche portano a un eremitaggio sociale''.

''Non è da sottovalutare – continua l’esperta – in pubertà la sovrapposizione tra finzione e realtà e una concezione della morte non come qualcosa di immanente, ma come una sorte di gioco virtuale. C'è la necessità di una prevenzione seria che limiti il più possibile il virtuale e che assegni uno spazio vitale alle relazioni e al loro sviluppo: al di là del caso di specie, bisogna attuare una pedagogia della realtà e delle emozioni'', conclude la docente.