Venezia, 4 aprile 2024 – Braccio di ferro legale sul caso del dipendente della multiutility di Venezia Veritas trovato positivo a un test antidroga e sospeso dal lavoro: il tribunale, anche in Appello, reintegra il lavoratore ma l’azienda insiste e fa ricorso. È di queste ore la decisione dell’azienda pubblica veneziana che si occupa di servizi integrati, dai rifiuti all’energia, di proporre ricorso in Cassazione della sentenza della Corte di Appello di Venezia che ha tutelato un dipendente ritenuto non idoneo alle mansioni affidategli dopo essere stato trovato positivo agli esami tossicologici e psicotropi.
Il caso
Rispetto al lavoratore assuntore di droghe, l’azienda a partecipazione interamente pubblica che garantisce servizi locali essenziali come l’igiene urbana, i servizi idrici o quelli cimiteriali, non ha ritenuto corretto ricollocarlo in altre mansioni. La positività del dipendente è stata accerta dagli esami a cui viene periodicamente sottoposto. Veritas aveva collocato il lavoratore in ferie, sospendendolo dall’attività e dalla retribuzione solo per il tempo strettamente necessario, in attesa del recupero della negatività ai test.
La posizione di Veritas
“L’interesse aziendale e della sicurezza del lavoro – riporta il sito della multiutility veneziana - casualmente coincidenti anche con l’interesse pubblico collettivo, debbano trovare un proprio bilanciamento con l’interesse privato del lavoratore all’assunzione di sostanze tossicologiche o psicotrope e all’incidenza di queste sulle capacità lavorative del proprio dipendente. È infatti la legge che indica al datore di lavoro di eseguire i test per verificare l’assunzione e l’abuso di sostanze psicotrope (droghe o alcolici) nei confronti di lavoratori che hanno particolari abilitazioni, ad esempio quella di autista di mezzi pesanti”.
Il ricorso
Veritas è stata assistita dagli avvocati Andrea Bortoluzzi e Marta Molesini dello Studio Toffoletto De Luca Tamajo e soci, i quali precisano al riguardo: "Si tratta di un tema di frontiera anche se molto diffuso nella società di oggi, ove queste sostanze circolano con grande facilità. Il datore deve rispettare la privacy e le scelte di vita dei propri dipendenti ma non può essere costretto a subire le conseguenze negative di queste scelte, soprattutto quando incidono su un’organizzazione destinata a rendere un servizio pubblico. Chi intende assumere sostanze che lo rendono impossibilitato allo svolgimento della mansione affidata non può essere premiato garantendogli comunque la retribuzione o imponendo al datore di lavoro di modificare la propria organizzazione".