Venezia, 4 aprile 2024 – Oltre 600 milioni di euro sequestrati e 24 persone arrestate. E’ l’esito di una maxi frode ai danni della Unione europea sui fondi Pnrr scoperta dalla Guardia di finanza di Venezia. Del totale delle ordinanze, hanno spiegato i vertici della Gdf nel comando provinciale di Mestre, 8 sono in carcere, 14 agli arresti domiciliari e due sono interdittive a svolgere attività professionale e commerciale. Sono oltre 150 i finanzieri che stanno eseguendo perquisizioni sul territorio nazionale, in Veneto, Lombardia, Trentino Alto Adige, Friuli Venezia Giulia, Toscana, Lazio, Campania e Puglia, anche con l'ausilio di unità cinofile “cash dog”. Le misure cautelari nei confronti di 24 persone sono state emesse dal gip del tribunale di Roma Mara Mattioli, su richiesta del procuratore europeo delegato, Donata Patricia Costa dell'ufficio Eppo di Venezia, e sono stati fatti sequestri preventivi per oltre 600 milioni di euro. Sono interessati anche diversi Paesi europei ove stanno operando forze di polizia slovacche, rumene e austriache.
Sigilli a ville, Rolex, Lamborghini e Porsche
Sigilli ad appartamenti e ville signorili, a ingenti somme in criptovalute, orologi costosi (Rolex), gioielli (Cartier), oro e auto di lusso (tra cui Lamborghini Urus, Porsche Panamera e Audi Q8). Sono i beni, assieme agli oltre 600 milioni di euro di crediti, finiti sotto sequestro nell'indagine sulla maxi frode ai danni dell'Ue sui fondi del Pnrr. Secondo le indagini la frode era stata messa in atto da un "sodalizio criminale con il coinvolgimento di svariati prestanome e l'ausilio di quattro professionisti", spiega la Gdf. In una prima fase, si sono “dedicati” a iniziative progettuali per decine di milioni di euro, finanziate con il Pnrr nell'ambito della digitalizzazione, innovazione e competitività nel sistema produttivo ed erogati da Simest (società partecipata da Cassa depositi e prestiiti per sostenere le imprese italiane nel percorso di internazionalizzazione), che collaborato con le richieste dell'autorità giudiziaria.
Le indagini
Le indagini hanno poi permesso di far emergere come la stessa “banda”, utilizzando spesso le stesse società, fosse dedita alla di crediti inesistenti nel settore edilizio (bonus facciate) e per il sostegno della capitalizzazione delle imprese (Ace), per circa 600 milioni di euro. Sono state scoperte anche "condotte ritenute di riciclaggio e autoriciclaggio di ingenti profitti illeciti attuate attraverso un complesso reticolato di società fittizie artatamente costituite anche in Austria, Slovacchia e Romania", spiega la Gdf. Ad agevolare la ricostruzione dei flussi finanziari illeciti hanno contribuito gli approfondimenti su oltre 100 segnalazioni di operazioni sospette (provenienti anche da Financial intelligence unit estere) collegate agli indagati che, assieme ai riscontri raccolti attraverso acquisizioni documentali e indagini bancarie, hanno consentito di individuare i presunti promotori, i partecipanti e gli agevolatori del gruppo criminale, con i differenti ruoli assunti nella frode.
Il sistema
La Guardia di Finanza evidenzia che era stato messo in piedi un "raffinato apparato di riciclaggio, peraltro agevolato anche dall'utilizzo di tecnologie avanzate (come Virtual Private Network, server cloud dislocati in Paesi poco collaborativi, crypto-asset, specifici software di intelligenza artificiale per aumentare la velocità di produzione dei documenti falsi) e di società di cartolarizzazione dei crediti" per "occultare e proteggere l'illegale business da eventuali controlli" e per "trovare nuove modalità di monetizzazione dei crediti inesistenti".