
Fiori sulla strada dove è stato investito il 13enne Chris Abom (nel riquadro)
Verona, 3 agosto 2023 – “Non sapevo di aver investito una persona. Ho sbattuto contro qualcosa, pensavo un cartello stradale. Se mi fossi accorto di quel ragazzino avrei fermato subito la mia auto”. È la versione raccontata al Corriere da Davide B., il 39enne denunciato per l’omicidio stradale in cui ha perso la vita il 13enne Chris Obeng Abom. L’operaio veronese è stato arrestato: accusato di essere fuggito subito dopo l’impatto e di non aver soccorso Chris, che dopo l’impatto è rimasto a terra per più di un’ora prima che un passante si accorgesse di lui.
Nelle prossime ore il magistrato che coordina l'indagine l'omicidio stradale di Chris Obeng Abom disporrà l'autopsia sul corpo del calciatore 13enne. Intanto il parroco di Negrar ha già concordato con la famiglia la data del funerale, che sarà celebrato sabato 12 agosto nella chiesa di Negrar della Valpolicella.
Perché non è stato arrestato
Il 39enne non è stato arrestato perché “non c'era flagranza di reato”, come ha spiegato il sostituto procuratore di Verona, Bruno Bruni. “L'arresto sarebbe stato illegale. Al massimo si poteva valutare il fermo di pg, ma al 99%, anche questo non sarebbe stato convalidato”.
“Scriverò che mi dispiace”
“Se fosse stato soccorso prima, si sarebbe salvato”, ripetono i medici dell'ospedale di Verona che hanno cercato disperatamente tenerlo in vita. E invece Chris – che quella sera stava tornando a casa dopo una partita di calcio, lo sport che amava – è stato sbalzato nella vigna sul lato della strada, più bassa di un metro rispetto alla carreggiata. La famiglia Abom è disperata: “Vogliamo vedere in faccia chi l’ha ucciso”. E Davide B. non si tira indietro: “Scriverò loro una lettera e la darò al mio avvocato perché la consegni. Scriverò che mi dispiace. E che non l’ho fatto apposta a lasciare solo il loro bambino”. Il suo difensore incalza: “È distrutto dal dolore”, dice l’avvocato Massimo Dal Ben.
La sua versione dei fatti
Ecco come sono andati i fatti, secondo la ricostruzione dell’operaio che lunedì sera viaggiava lungo la statale 12 a bordo dell’auto ripresa dalle telecamere di sicurezza di Negrar di Valpolicella. “Saranno state le 21.30, perché alle 21.40 ero già tornato a casa – ha raccontato il 39enne al Corriere – e a un certo punto, in quel buio, ho sbattuto contro qualcosa”. L’uomo sostiene di essere sceso e avere cercato ‘l’ostacolo’ contro il quale ha sbattuto. Ma niente. “C’è l’erba alta e, a quell’ora, buio pesto. Non si vedeva niente e neppure ho sentito qualcuno lamentarsi o chiedere aiuto. Per questo sono risalito in auto, chiedendomi dove fosse finito il cartello contro il quale avevo sbattuto. La carrozzeria era ammaccata e quindi ho rinunciato all’incontro di lavoro e sono tornato a casa”.
L’automobilista era sobrio?
“Non avevo assunto alcuna sostanza e non ero neppure al telefonino”, sottolinea Davide B., che alle spalle ha dei precedenti per spaccio e guida in stato di ebbrezza. “Per quanto riguarda la faccenda della droga, nasce da una denuncia infondata, infatti l’accusa è caduta nel nulla. Per la guida in stato di ebbrezza, invece, si tratta di un errore di gioventù: avevo vent’anni”, ha riferito al Corriere.
L’auto ammaccata
Quando i carabinieri lo hanno raggiunto in un cantiere della Valpolicella, l’auto aveva il parabrezza sfondato e diverse ammaccature al cofano. E poi mancavano un fanale e un pezzo di specchietto retrovisore, trovati sul luogo dell’impatto. Ma lui si difende: non sono stato io. “Non mangio, non dormo. Non riesco a fare altro che ripensare a quel che è successo. Mi ripeto nella testa: era solo un ragazzino! E credetemi, se dico che preferirei essere morto io, al suo posto”, ha ripetuto il 39enne durante l’intervista.