PER BATTERE I DAZI USA e il dumping della Cina, non resta che la svolta ecologica. L’Italia che arranca per uscire dalla crisi sta agguantando con uno slancio d’orgoglio il primato green, grazie alle 215.495 imprese del Nord sulle 432.288 della penisola che hanno accettato la sfida. L’accoppiata innovazione verde-export garantito vede in testa la Lombardia con 77.691 imprenditori convertiti agli ecoinvestimenti, ma il Nord Est la tallona da vicino con oltre 60mila imprese verdi, di cui 42.963 in Veneto, 9.894 in Trentino-Alto Adige e 8014 in Friuli-Venezia Giulia. Non solo: alcune province venete, a partire da Padova, Treviso e Vicenza, risultano tra le prime 20 in Italia per presenza di aziende che puntano sul green. A dirlo è l’undicesimo rapporto della Fondazione GreenItaly della Fondazione Symbola e di Unioncamere – promosso in collaborazione con Conai, Ecopneus e Novamont e con la partnership di Centro Studi delle Camere di Commercio Guglielmo Tagliacarne srl ed Ecocerved – che misura e pesa la forza della green economy nazionale.
Dalla ricerca emerge che a Nord Est oltre un’impresa su 3 investe nel green, un dato superiore alla media nazionale: dove il 31% delle imprese ha puntato su prodotti e tecnologie verdi. "Nel Nord Est c’è sempre stata molta attenzione all’elemento della sostenibilità, innanzitutto come leva competitiva. Per avere successo sui mercati esteri è ormai chiaro che bisogna produrre a bassa intensità di carbonio e qui il dato è stato ormai integrato", spiega Filiberto Zovico, iniziatore della Green Week di Trento, che quest’anno farà tappa a Parma. "Uno degli esempi classici è la friulana Valcucine, nata nella Kitchen Valley pordenonese, che già molti anni fa produceva cucine a basso impatto e seguiva le regole dell’economia circolare, sfruttando il riciclo dei materiali. Oppure le aziende del distretto della concia di Arzignano, che si sono inventate i biostimolanti recuperando tutti gli scarti dei pellami", ricorda Zovico. Casi esemplari se ne potrebbero fare tanti, anche nel distretto dell’edilizia sostenibile e delle costruzioni in legno del Trentino Alto-Adige o in altri settori. Pochi sanno, ad esempio, che siamo leader nel mondo nel settore delle giostre, con Rovigo cuore del distretto, formato da artigiani che battono la concorrenza di Usa e Cina con giostre che consumano molta meno energia di quelle tedesche.
"È anche una questione culturale –, spiega Zovico –. Al di là della leva competitiva, c’è anche la tradizione contadina del ‘non si butta via niente’ che fa capolino in questo modo di fare industria di territori che hanno sempre puntato sull’economia circolare, sull’efficienza energetica e sul taglio dei consumi di acqua e rifiuti", precisa. La pandemia di Coronavirus, poi, ha dato una spinta in più all’esigenza di sostenibilità, che ormai è un elemento da cui il consumatore non può più prescindere. E ha trasformato quella che era la sensibilità di una larga minoranza in una sensibilità diffusa. "Nel Nord Est non c’è un’azienda che non punti sull’elemento della sostenibilità, tanto che sono sommerso dalle richieste per la Green Week. A dire la verità in certi casi sono anche operazioni di ‘greenwashing’, per cui abbiamo dovuto respingerne diverse, che non avevano i numeri per rientrare nel concetto di green, ma è già interessante constatare che ci provano", rileva Zovico.
E poi ci sono i problemi posti dal sistema Italia, che frenano anche il Nord Est: dopo aver perso 5 anni per le autorizzazioni al riciclo dei pannolini inventato dalla trevigiana Contarina, ora si presenta il caso Zoppas di Vittorio Veneto, un’azienda che ha costruito una macchina per riciclare il 100% della plastica delle bottiglie di Pet, ma la vende solo all’estero, perché in Italia non si può usare. Qui la legge prevede infatti che al massimo le bottiglie di Pet si possano riciclare al 50%. Dal rapporto di Symbola emerge comunque che il percorso intrapreso dalle aziende green paga. Le imprese della green economy sono più resilienti, tanto che nel 2020 hanno registrato perdite di fatturato inferiori alle altre e sono ottimiste sulla ripresa, prevedendo di recuperare entro 1-2 anni i livelli di attività precedenti alla crisi.