Sofia Cevoli, riccionese, 33 anni, nel tempo si è fatta strada fino a diventare una figura di spicco dello staff di Ermenegildo Zegna, uno dei maggiori brand italiani. E’ la product manager delle ambite Triple Stitch. A farle spiccare il volo in questo universo è stata l’ultima edizione del concorso nazionale Professione moda - Giovani stilisti della Cna-Federmoda, che a Riccione per oltre vent’anni ha visto la partecipazione di stilisti di primissimo piano.
"Lavorare in questo settore è stato il mio sogno fin da piccola e per questo mi sono preparata dopo aver frequentato il Liceo classico della Karis. Ero impegnata in uno staff da Zegna, quando ho deciso di partecipare al concorso diretto artisticamente da Roberto Corbelli. Per me è stato un incredibile trampolino di lancio, soprattutto per capire cosa fare in futuro. Il primo premio mi ha permesso di frequentare uno stage da Max Mara, dove per due anni ho fatto un primo step nell’ambito delle calzature e degli accessori".
Terminata questa esperienza cos’è successo?
Nel 2017 ho avuto l’opportunità di tornare a Milano, dove avevo il mio fidanzato e gli amici, così sono tornata a lavorare da Zegna nel mondo delle calzature, che nel frattempo avevo approfondito anche attraverso la tesi di laurea. Mi sono così laureata nell’indirizzo di Accessory Design al Politecnico di Milano. Da Zegna sono diventata prima junior product manager per la parte calzature, per un anno ho seguito il progetto delle Triple Stitch, scarpa di punta col quale Zegna sta registrando numeri incredibili, per cui mi sono trovata a seguire lo sviluppo e il lancio ufficiale di questa calzatura, fino a diventarne nel 2022 la product manager".
Com’è nata questa passione per scarpe e accessori?
"Gli accessori mi sono sempre piaciuti più dell’abbigliamento per la loro funzione. La scarpa è ciò che serve maggiormente alla persona, se non è fatta bene, fa male, perché è da lì che parte lo stare in piedi. A proposito mi ha colpito il libro sulla storia di Ferragamo, nato ciabattino, che studiava i piedi delle persone fino a creare la scarpa perfetta. Da piccola mi piacevano anche gli abiti da sposa che faceva mia mamma, tant’è che per sei mesi ho studiato drappeggio all Fashion Institute of Technology in America, ma era qualcosa che non mi apparteneva, ho quindi trovato la mia espressione nella scarpa".
Che disegna?
"No, io prendo i bozzetti del designer e li porto alla realizzazione. Con lui creo la calzatura, dandogli i suggerimenti per gli aspetti più tecnici, anche sui materiali. Poi con un team di tecnici realizziamo il prototipo, che diventerà campionario in vista della produzione".
Vive a Milano?
"Sì, ho due figli, una femmina di due anni e mezzo e un maschio di cinque, ma adorano Riccione. Appena posso li porto qua. Io comunque mantengo la mia riccionesità. Dove lavoro tutti mi dicono che sono diversa, non perché sia più brava, ma perché ho un modo di stare con la gente, di parlare e fare sinergia, tipici della mia terra. Sono qualità che mi sono state trasmesse da mio babbo Luca col suo lavoro. L’approccio romagnolo, lo stare insieme, godersi il tempo e organizzare cose di gruppo fa parte di me, non sarei stata così se fossi cresciuta a Milano".
Cosa le manca di più di Riccione?
"Mi manca tantissimo il mare e la leggerezza e semplicità di vivere. Per esempio, quando sono a Riccione non guardo mai l’orologio, non ho fretta del fare le cose. Appena arrivo devo rientrare in quest’ottica e dirmi: non correre, non avere la fretta di sempre. Così mi rilasso e mi ricarico, facendo passeggiate o prendendo il caffè con un’amica. In futuro vorrrei tornare a Riccione o comunque ricreare il mio modo di vivere riccionese a Milano".