L’illuminazione in una delle giornate grigie della pandemia. Piazza della Signoria deserta, il sindaco Nardella dalla finestra di Palazzo Vecchio scatta una foto e la manda a Christian Prudhomme, il direttore generale del Tour, con la didascalia ’Firenze bella e desolata’. Era da tempo che gli faceva la corte, l’idea di una tappa della corsa gialla nella patria di Bartali e Nencini lo stuzzicava troppo. Qualche giorno dopo, la promessa arriva sempre via messaggio: "Il Tour sarà a Firenze". Oggi che si concretizza quel sogno, Dario Nardella (nella foto) è un uomo felice: "Dopo quel messaggio partì un’alleanza con l’Emilia Romagna, grazie a Davide Cassani e Stefano Bonaccini. Fu una mossa vincente. Conoscevo Prudhomme da un po’, lo corteggiavo da anni, dai Mondiali di ciclismo che si tennero nel 2013 a Firenze". Che furono un successo.
"Sì, tutto andò bene. E anche adesso nessun fiorentino si è lamentato del Tour. Il precedente del 2013 ha tranquillizzato i cittadini – racconta Nardella – , qualche disagio ci sarà. Ma niente di tremendo. Ci saranno tanti vantaggi". E’ la corsa più prestigiosa del mondo. "Un bel test per Firenze, è l’evento sportivo più importante organizzato in questa città. Per me superiore anche ai mondiali del 1990. Sarà uno spartiacque per la città, potrà sancire Firenze come capitale dello sport – continua il sindaco –. E poi ci saranno vantaggi economici. Tra benefici diretti e indotto siamo sui 54 milioni. Le spese organizzative e di ospitalità che abbiamo sostenuto sono sui 2,5 milioni". Nardella è un sognatore che ha vinto, e lascia andare le parole del cuore: "Ho di fronte a me l’immagine di Gino Bartali. Se fosse ancora vivo mi chiedo, come reagirebbe? Sarebbe, sulla strada, a guardare questi campioni".
Paolo Chirichigno