di Lorenzo Tazzari
Prima le gelate, poi le grandinate. La mancanza di manodopera, la siccità e il cambiamento climatico. Andrea Betti, presidente di Confagricoltura Ravenna e vice presidente regionale dell’organizzazione, va dritto al problema: "Sono necessarie importanti aggregazioni e avere dei marchi consolidati. Non possiamo metterci altri 15 anni per capire cosa continuare a produrre e cosa lasciar perdere. La realtà ci impone scelte immediate perché l’agricoltura vive perennemente in emergenza".
Cosa è necessario fare nell’immediato?
"La filiera agroalimentare deve riunirsi attorno a un tavolo, compresa la grande distribuzione, e trovare un equilibrio tra consumatore e produttore. Noi produciamo ortofrutta e altre coltivazioni in maniera sostenibile, con un’ottima qualità e salubrità, ciò che importiamo non è all’altezza del Made in Romagna".
Sul piano tecnico, come si può intervenire?
"In questi momenti bisogna che tutti gli enti che fanno ricerca si coalizzino fra di loro perché abbiamo bisogno di varietà che siano resistenti alla siccità e che abbiano fioritura tardiva per le gelate, c’è un bisogno estremo di ricerca quindi non di battaglie demagogiche come vengono fatte solo per attirare l’opinione pubblica, qui bisogna essere assolutamente concreti perché c’è in gioco tutta la catena agroalimentare".
Gelo e grandine hanno assestato colpi durissimi.
"È difficile quantificare ora il danno perché il maltempo ha colpito a macchia di leopardo. Le grandinate più gravi le abbiamo avute tra Casola e Riolo, dove il danno è praticamente del 100% sia per il kiwi, ma anche per albicocche, mele e pere e altre coltivazioni. Altre grandinate di minore intensità sono avvenute nella zona di Marzeno, poi a Lavezzola e Conselice, aree vocate alle coltivazioni estensive. Anche il 2023 sarà, quindi, un’annata molto difficile per le aziende a prevalenza frutticola. Ma non solo, perché anche dal fronte dei cereali arrivano notizie di prezzi di grano duro e tenero in continuo ribasso a causa delle speculazioni".
Parliamo della carenza di manodopera.
"È presto detto. L’agricoltura ravennate occupa in stagione 2025mila persone, attualmente siamo sotto di almeno il 20%. Il lavoro stagionale di 150 giorni per poi prendere la disoccupazione non attira più, servono nuove formule".
E poi abbiamo la siccità.
"Proprio così. Il Po è oggi a un livello così basso che lo scorso anno era stato raggiunto a fine giugno. Le piante non sono abituate alle ondate di calore vicino ai 40 gradi. I nostri due Consorzi di bonifica fanno un grande lavoro, ma anche con gli invasi bisogna accelerare".