di Marco Principini
Massimo Bonacci, partner di PwC, e Anna Elisabetta Ziri, senior manager - Centro di eccellenza per l’IA di PwC: quali ripercussioni avrà l’intelligenza artificiale sul mondo del lavoro?
"La diffusione in tempi così rapidi della Intelligenza Artificiale Generativa indica un cambiamento in corso che molti hanno già definito una nuova rivoluzione industriale, mettendo l’accento sul rapidissimo potenziale trasformativo della tecnologia sulle attività lavorative, anche quelle più tipicamente intellettuali come la creazione e l’elaborazione di contenuti testuali e audiovisivi. Secondo il WEF entro il 2025 saranno circa 85 milioni i posti di lavoro sostituiti da macchine dotate di intelligenza artificiale, e relativamente all’Italia l’Ocse stima un alto rischio di automazione per il 30,1% dell’occupazione".
Insomma, dobbiamo preoccuparci?
"Molte professioni cambieranno profondamente ma non necessariamente si avrà un impatto negativo sull’occupazione, l’attenzione deve essere posta invece sulla competitività delle aziende.Infatti, benché l’Italia risulti ottava in Europa per grado di integrazione delle tecnologie digitali nelle imprese, solo il 6,2% delle imprese italiane adotta sistemi basati sull’IA e solo il 9% utilizza Big Data".
Come viene usata l’intelligenza artificiale?
"Attualmente l’automazione da IA nelle imprese italiane riguarda per lo più le operazioni di estrazione di conoscenza, elaborazione del linguaggio naturale e supervisione dei flussi di lavoro".
E in futuro?
"Il rilascio di ChatGPT ormai più di un anno fa ha avviato una corsa contro il tempo dei big players tecnologici che abbraccia tutti gli ambiti delle applicazioni dell’Intelligenza Artificiale e che continua a cambiare gli scenari futuri, creando nuove professioni e modificando quelle esistenti. Ogni transizione tecnologica ha comportato un cambiamento del paradigma occupazionale e delle competenze richieste alla forza lavoro per allinearsi alle nuove esigenze del mercato. Nel 1960 gli occupati nei settori comunicazione, media e informatica erano in totale 78.624 e sono diventati 700.708 nel 2021".
Che benefici può portare?
"Oltre ad una diminuizione del lavoro ripetitivo e ad una accelerazione generale del time to market dei prodotti, con l’evolvere dei paradigmi produttivi ci troveremo davanti nuove opportunità di crescita. Si pensi agli spazi di profittabilità nati con la platform economy, dove il ‘prodotto’ - il valore – non è un bene o un servizio ma la relazione tra gli utenti, e la principale fonte di competitività e attrattività per l’impresa è l’espansione del network".
Cosa manca ancora?
"L’IA può essere un propulsore di prosperità se sapremo formare la forza lavoro perché sappia integrare le nuove tecnologie per migliorare e aumentare la produttività, e per spalancare le
porte ai nuovi scenari e alle nuove possibilità lavorative offerte dal progresso tecnologico. Bisogna riprogettare i percorsi formativi puntando allo sviluppo pieno della persona, potenziando tutte quelle competenze tipicamente umane che permettono agli individui non solo di adattarsi al cambiamento ed essere loro stessi motori di innovazione, ma anche di utilizzare in modo sostenibile e profittevole le nuove tecnologie via via offerte dal mercato".