Sì deciso al mais ogm ed estrema ponderatezza su temi centrali come il cambiamento climatico. Carlo Carli, presidente di Confagricoltura Forlì-Cesena e Rimini, guarda inoltre all’agrivoltaico con estrema attenzione, segnalando un incremento dello sfruttamento boschivo da parte degli agricoltori, a fronte dell’aumento relativo ai prezzi del gas.
Carli, come si è posta Confagricoltura sul cambiamento climatico e come i grandi agricoltori stanno facendo fronte a questa emergenza particolare?
"Sul discorso della siccità siamo fermi: non siamo riusciti ad avanzare con i progetti per alcuni invasi lungo il Marecchia, che potrebbero aiutare l’agricoltura a superare i momenti più critici. Lo stesso vale per il prolungamento del canale emiliano-romagnolo, siamo ancora fermi a Bellaria e dobbiamo trovare il modo di finanziarlo".
Con l’aumento del costo del gas, causato del conflitto, si è verificato in parallelo un aumento importante del costo della legna da ardere: questa opportunità è stata sfruttata dagli agricoltori?
"Sì, come il gas, è cresciuto anche il valore economico del pellet, gli agricoltori hanno tagliato tutto il bosco che potevano, poi venduto a ‘camionate’. Ci sono aziende che negli ultimi due anni, a ragione di ciò, hanno visto bilanci interessanti".
Sull’eolico è nota la disputa tra Emilia-Romagna e Toscana per il crinale di Badia Tebalda, come si pongono gli agricoltori rispetto a questa fonte di energia alternativa e green?
"C’è la ricerca di siti dove costruire nuovi impianti, ma la mia sensazione è che le scelte avvengono solo sulla base dei permessi e non della vera predisposizione di questi luoghi, inoltre va valutato l’impatto ambientale".
I grandi agricoltori continuano ad attivarsi per installare impianti fotovoltaici?
"Il mondo agricolo aveva dato disponibilità, soprattutto nelle aree marginali. I tecnici mi riferiscono che avevano 19 siti dove progettare impianti, ma al termine delle verifiche, tra Comune, Provincia e Stato, ne è rimasto solo uno e mezzo, gli altri sono stati tutti considerati non idonei a causa dei vincoli territoriali. Si parla tanto in politica di coprire con i pannelli tetti e capannoni, ma gli studi dimostrano che non si può raggiungere l’obiettivo dell’Unione europea".
E l’agrivoltaico?
"Stiamo valutando la possibilità di costruire impianti di questo tipo, alti quattro o cinque metri, nei quali al di sotto delle strutture si può coltivare. Purtroppo è una tecnica ancora in fase di sperimentazione, bisogna intuire bene quali piante si possano coltivare. E capirne la potenzialità dal punto di vista agricolo".
Mais ogm, qual è la vostra posizione a questo riguardo?
"Non siamo mai stati contrari. Il 90% del mais estero è ogm. Inoltre ha molti meno problemi con la siccità, e il calo della produzione per queste ragioni è evidente. Inoltre è più resistente a una serie di malattie e consentirebbe un minor utilizzo di antiparassitari. Per definizione il mais prodotto in Italia è tutto non ogm, anche se non è scritto sull’etichetta, ma sarebbe bello fare ogni tanto qualche verifica, perché, ripeto, più del 90% del mais mondiale è ogm".
Con il nuovo governo, al nome del dicastero preposto all’Agricoltura è stato introdotto il concetto di sovranità alimentare, un tema già affrontato Oltralpe. Come si adegua la provincia alle logiche instauratesi a seguito della pandemia e del conflitto in questo campo?
"Il problema fondamentale sono i costi di produzione estremamente elevati, non manca nulla per la sovranità alimentare. Con la Pac si erano messi a riposo milioni di ettari, oggi in provincia i terreni lasciati incolti sono pochi e spesso sono quelli marginali dove è difficile arrivare".
Andrea G. Cammarata