di Antonio Matacena
e Marco Maria Mattei
L’economia mondiale nel 2023 è stata caratterizzata da un rallentamento della crescita nei Paesi avanzati e, soprattutto, da una progressiva contrazione degli scambi commerciali, complice l’acuirsi delle tensioni geopolitiche e dei conflitti in corso. A soffrire particolarmente sono stati i Paesi europei dell’Unione Monetaria, che hanno registrato una crescita complessiva di appena lo 0,4%, a fronte di un +3,4% nel 2022. Tuttavia, per il terzo anno consecutivo, l’Italia ha fatto meglio dell’area euro e delle principali economie, come Francia e Germania. Nonostante la crescita italiana si sia fermata allo 0,9% nel 2023 (rispetto al +4% del 2022), possiamo quindi ritenerci relativamente soddisfatti.
In questo complesso scenario macroeconomico, le Top500 di Bologna e provincia hanno saputo difendere i livelli dimensionali raggiunti negli ultimi due anni di crescita, migliorando al contempo i risultati operativi.
I ricavi aggregati delle Top500 nel 2023 ammontano a 91,9 miliardi di euro, in lieve calo rispetto al valore record di 92,7 miliardi registrato l’anno precedente. Considerando l’effetto dell’inflazione, questi dati riflettono una contrazione reale di quasi il 6%. Tuttavia, come già osservato lo scorso anno, il dato è fortemente influenzato dai ricavi di Hera, la maggiore impresa bolognese. Le significative fluttuazioni nel costo del gas e dell’energia elettrica hanno infatti portato i ricavi di Hera a oscillare dai 20 miliardi del 2022 ai 14 miliardi del 2023 (rispetto ai 10 miliardi del 2021, ultimo anno prima del conflitto russo-ucraino). Depurando i dati di Hera dall’effetto prezzo, i ricavi aggregati delle Top500 si attestano su un valore nominale sostanzialmente in linea con quello dell’anno precedente, con una riduzione reale di circa l’1,8%.
Anche il trend crescente del numero di dipendenti, osservato senza interruzioni da otto edizioni, registra ora una battuta d’arresto. Sebbene le Top500 abbiano complessivamente aumentato il numero di occupati del 2% rispetto all’anno precedente, raggiungendo quasi 250.000 addetti fra sedi italiane ed estere, va segnalato che il numero di dipendenti della precedente edizione, corretto per l’assenza di BRT Corriere Espresso, risulta leggermente superiore.
Buone notizie arrivano invece dall’analisi della performance operativa. Nel 2023, il risultato operativo medio (Ebit) si attesta a quasi 12 milioni di euro, mentre il margine operativo lordo medio (Ebitda) supera i 20 milioni, con un miglioramento reale rispetto al 2022 rispettivamente del 20% e dell’11%. Questo risultato appare ancora più significativo se confrontato con i progressi ’celebrati’ lo scorso anno (+10,3% per l’Ebit e +3,2% per l’Ebitda) in un contesto di inflazione allora più elevata. Se infatti è vero che l’inflazione può in parte favorire l’aumento dei risultati operativi, è altrettanto evidente che i miglioramenti dei risultati operativi 2023 siano ben più marcati di quelli del 2022 e ciò nonostante l’inflazione sia scesa dall’8,1% al 5,7%.
Inoltre, il forte incremento della capacità di generare reddito operativo, associato a una sostanziale stabilità dei ricavi nominali, ha spinto ulteriormente al rialzo gli indicatori di marginalità delle vendite (Ros) e di redditività dell’attivo investito (Roi). Entrambi gli indicatori hanno raggiunto i valori mediani più alti mai osservati nelle 14 edizioni di Top500. Di contro, si registra un lieve calo del valore mediano del Roe (indice di redditività degli azionisti). Questo calo è imputabile al significativo aumento degli oneri finanziari, conseguente all’impennata dei tassi di interesse nel 2023.
Le imprese del campione Top500 hanno infatti pagato interessi passivi per oltre 1,4 miliardi di euro rispetto agli 888 milioni del 2022, con un aumento reale del 53%. Non sorprende, dunque, che nel 2023 gli utili d’esercizio aggregati siano risultati in leggero calo rispetto alla precedente edizione.
Nel complesso, l’analisi dei dati sembra evidenziare come nel 2023 le grandi imprese bolognesi si siano concentrate sul miglioramento della marginalità operativa e dei risultati caratteristici, piuttosto che sulla crescita, attraverso un aumento dell’efficienza produttiva; scelta sensata, motivata anche dalla necessità di affrontare il significativo aumento del costo del debito. Tuttavia, questa strategia potrebbe portare a decisioni di sotto-investimento che, nel lungo termine, rischiano di compromettere il posizionamento competitivo.
Con un’inflazione che cala più lentamente del previsto, tassi di interesse ancora elevati e capacità di autofinanziamento decrescenti, il successo delle imprese dipenderà sempre più dalla capacità di aprirsi a nuovi soci e di promuovere aggregazioni aziendali, scelte indispensabili per finanziare l’innovazione tecnologica, ormai indifferibile in tutti i settori.