di Antonio Matacena
e Marco Maria Mattei
Il 2022 è stato un anno complessivamente positivo per il sistema economico nazionale. Dopo un 2021 straordinario, che grazie ad una crescita del 7% ha riportato l’economia italiana ai livelli pre-pandemia, il Pil nazionale è cresciuto significativamente anche nel 2022 (+3,7%) e ciò nonostante un rallentamento delle principali economie mondiali (USA +2% e Cina +3%) e anche di alcuni importanti mercati europei (Germania + 1,8% e Francia +2,5%). Nel corso del 2022, tuttavia, la sfida più complessa per le imprese italiane è stata probabilmente l’incremento dei prezzi delle materie prime – in particolare del gas naturale – che, alimentato dall’invasione russa dell’Ucraina, si è rapidamente diffuso in tutte le filiere produttive. Non stupisce quindi che nel 2022 l’inflazione si sia attestata al +8,7%, con una crescita senza pari negli ultimi 38 anni.
In questo complesso scenario macroeconomico, le Top500 di Bologna e provincia hanno complessivamente continuato il percorso di crescita dimensionale, seppur con intensità inferiore rispetto al 2021, riuscendo nella maggioranza dei casi anche a migliorare la propria marginalità e redditività operativa.
I ricavi aggregati 2022 delle Top500 raggiungono il valore complessivo record di 92,7 miliardi di euro, aumentando al netto dell’inflazione rispetto all’edizione precedente dell’11%. Tuttavia, questo valore apparentemente molto positivo è significativamente influenzato da due “anomalie” di segno opposto che lo rendono poco utile per formulare un giudizio complessivo. Innanzitutto, la più grande impresa bolognese, Hera S.p.A., ha incrementato il proprio fatturato da 10,6 miliardi di euro del 2021 a 20 miliardi nel 2022. Se neutralizzassimo questa variazione, ampiamente legata all’aumento dei prezzi di vendita del gas e dell’energia elettrica, il confronto con la precedente edizione di Top500 farebbe addirittura registrare una riduzione, seppur lieve, dei ricavi aggregati corretti per l’inflazione. Fortunatamente, la seconda anomalia riguarda invece l’assenza temporanea dal campione di tre rilevanti aziende per le quali non è stato possibile reperire il bilancio, che da sole valgono circa 2 miliardi di fatturato e 4 mila dipendenti. Aggiustando l’analisi per entrambe queste anomalie, si registra una crescita reale dei ricavi aggregati di circa il 3,4% rispetto alla precedente edizione, che possiamo certamente valutare come soddisfacente.
Meno marcata, ma in linea con il dato nazionale, è invece la crescita dei dipendenti occupati dalle Top500 che aumentano del 2,3% rispetto all’esercizio precedente, raggiungendo quasi le 249 mila unità fra sedi italiane ed estere. È interessante notare come questo dato risulti migliore di quello osservato nella precedente edizione quando, nonostante una crescita del Pil ben più rilevante, l’organico delle Top500 era aumentato solamente dell’1,19%. Questi dati suggeriscono che il mercato del lavoro si sia progressivamente avviato verso una nuova stabilizzazione dopo lo shock indotto dalla pandemia.
Insieme alla dimensione, cresce la capacità di generare reddito operativo delle Top500. Nel 2022 il risultato operativo medio si attesta a quasi 10 milioni di euro, mentre il margine operativo lordo (Ebitda) medio è pari a 17,7 milioni, con un aumento sul 2021 in termini reali rispettivamente del +10,3% e del +3,2%. Il fatto che l’incremento del risultato operativo sia stato più significativo di quello dell’Ebitda è coerente con l’impatto atteso che un’elevata inflazione ha sui conti economici delle imprese quando queste possono adeguare i prezzi di vendita: aumentano subito i costi variabili e i ricavi, mentre non si modificano immediatamente i costi per ammortamenti e questo contribuisce ad aumentare il risultato operativo. La media degli utili invece, pari a 6,5 milioni di euro, si riduce in termini reali rispetto all’esercizio precedente (-4,8%) e anche rispetto alla precedente edizione di Top500 (-6,2%). Questo calo, tuttavia, non è determinato dalle imprese che chiudono il bilancio in utile – l’ammontare degli utili aggregati infatti incrementa del 5,7% – quanto ad un aumento del numero e degli importi delle imprese che chiudono in perdita, che nel 2022 sono il 15,4% del campione (erano l’11% nell’edizione 2021).
Continuando il confronto fra le diverse edizioni di Top500, emerge come i valori mediani degli indici che misurano la marginalità operativa delle vendite (ROS) e la redditività dell’attivo investito (ROI) continuino ad aumentare raggiungendo i valori più alti registrati in 13 anni (4,1% e 5,1%, rispettivamente). Questo risultato è certamente in parte legato al crescere dell’inflazione ma non può che essere interpretato molto positivamente, perché dimostra che la maggioranza delle imprese ha avuto il potere contrattuale di adeguare i prezzi di vendita. In leggera flessione rispetto ai valori record del 2021 è invece la redditività del capitale proprio (ROE), che si attesta su un valore mediano del 9,73%. La maggiore redditività dell’attivo investito (ROI) non si è tramutata in aumento del ROE a causa dell’aumento dei tassi di interesse sul debito, che già dalla seconda metà 2022 hanno iniziato una corsa al rialzo continuata per tutto il 2023.
Complessivamente l’analisi dei dati 2022 evidenzia come le più grandi imprese bolognesi abbiano efficacemente gestito, da un lato il rallentamento delle economie dei principali mercati internazionali di sbocco riuscendo comunque a crescere, dall’altro la violenta spinta inflazionistica riuscendo ad aumentare le marginalità. Non mancano tuttavia le sfide per gli imprenditori e i manager: l’aumento dei tassi di interesse, il progressivo calo della spesa pubblica e la transizione “digital-green” richiedono scelte coraggiose – sia sugli investimenti che sulla strategia aziendale – ormai sempre più urgenti.