Ultimo bilancio per Valter Caiumi, alla guida di Confindustria Emilia Area Centro dal 2019. In mezzo ci sono anni complicati: una pandemia, due guerre, svariate crisi di settore, unite a tanta voglia di crescere, nonostante tutto.
Caiumi, dalla fine del Covid a oggi che anni sono stati per l’industria emiliana?
"Anni importanti, in cui la nostra associazione è andata particolarmente bene anche raffrontata al panorama nazionale. Se è successo è perché le imprese che rappresentiamo sono riuscite ad andare ben oltre l’ordinario. Lavorando sull’export, ascoltando i mercati e sapendo reagire in modo propositivo al contesto. Un trend che mi pare confermato anche per il 2024, nonostante qualche segnale negativo per l’automotive, sorretto dal comparto delle auto di lusso, che qui abbiamo ben rappresentate".
Nessuno strascico da gestire, dunque?
"È innegabile che una coda delle difficoltà vissute ci sia rimasta addosso. La guerra in Ucraina ha azzerato i rapporti, con Kiev e con la Russia e la pandemia ha intossicato i mercati con le chiusure prima e coi bonus poi. Difficoltà che ma in parte ci hanno cambiato per sempre. Ma per fortuna siamo emiliani".
Spieghi meglio.
"Il nostro territorio esprime da sempre una sua peculiarità nella gestione delle relazioni. In ogni campo, compreso quello industriale. Noi non andiamo in un territorio per conquistarlo, ma per amalgamarci. Non siamo conquistadores, ma esploratori gentili. È un percorso più difficile da intraprendere, ma più difficile anche da interrompere. Non bastano una pandemia, una crisi o una guerra a recidere i legami".
Parliamo di futuro. Le startup che fine hanno fatto? Sembra essersi esaurita la spinta al nuovo che questo territorio aveva dimostrato negli anni passati.
"È vero ma solo in apparenza. Il dato è che sempre più spesso le buone idee oggi vengono inglobate dalle aziende esistenti, che nel nostro territorio si contraddistinguono per una buona reattività nei confronti del nuovo. Così capita sempre che quelle che altrove sarebbero startup qui si trasformino in progetti aziendali".
Transizione energetica: siamo in ritardo?
"Il superamento del motore endotermico andava affrontato prima e con più tempo. Invece scontiamo un immobilismo di lunga durata, che non ci ha messo al riparo dai problemi. Vedo un’Europa sempre più alla mercé dei veti di una minoranza. Ma questa non è democrazia".
E l’intelligenza artificiale è una minaccia?
"Io credo nella deontologia dei nostri imprenditori, e so che nessuno si sognerebbe di mettere a casa delle persone dall’oggi al domani per sostituirli con delle macchine. Ma ciò che rende pericolose o utili le cose è il loro utilizzo. Chi ci dice che sia un male alleggerire le mansioni umane della loro parte più ripetitiva anche nei lavori di concetto? Si potrebbe liberare del tempo da sfruttare per il confronto o per l’apprendimento. A quel punto non sarebbe più un rischio ma si trasformerebbe in un’opportunità".