Rita Ghedini, presidente di Legacoop Bologna: come sono stati gli anni del post-Covid?
"C’è stata una ripresa importante, seppur differente a seconda dei settori. I primi a superare i volumi pre-Covid sono stati gli ambiti incentivati dallo Stato, come le costruzioni. Altri settori hanno avuto una crescita più piatta. Ma c’è chi dopo la pandemia ha avuto altri problemi".
Ad esempio il calo dei consumi?
"Ad esempio. Lo abbiamo visto nelle cooperative di grande distribuzione, sia dettaglianti che di consumo. Un dato che va letto al netto della bolla inflattiva, che ha gonfiato i valori".
E sul fronte della produzione?
"Tengono sia la produzione che la trasformazione alimentare, nonostante il problema di alcuni settori, come quello dei vini. A sostenerci è l’export, che però spesso ha i suoi problemi".
A cosa si riferisce?
"Avere un buon export comporta il tenere conto di un numero più ampio di fattori. L’automotive, che per noi vuol dire anche subfornitura, già risente della crisi tedesca".
E i problemi di liquidità?
"L’accesso al credito è migliorato con il calo dei tassi, anche se i costi non sono considerati ottimali, soprattutto per gli investimenti".
C’è ancora una peculiarità cooperativa?
"C’è ancora. Ad esempio nel differente approccio con l’occupazione, che da noi non cala, nonostante le contrazioni. Resta anzi una scarsa reperibilità in alcuni settori, come quello del welfare o di certi profili tecnici e digitali".
Il digitale richiama il problema delle nuove tecnologie. L’Ai tiene banco anche da voi?
"Siamo investiti dalla rivoluzione tecnologica al pari delle imprese tradizionali. La digitalizzazione dei processi procede, al pari delle strategie di applicazione e della formazione".
La cosiddetta cultura digitale.
"Oggi Legacoop è dentro ai processi, con il suo contributo all’interno del Tecnopolo e la partecipazione alle fondazioni che gli gravitano attorno, con l’idea di mettere a disposizione competenze digitali e servizi delle nostre coop e di spingere la nostra stessa transizione".
Il mondo reale intanto è in preda ai cambiamenti climatici.
"Le nostre cooperative di produzione fanno uso da tempo, per fortuna, degli strumenti assicurativi che la stessa cooperazione riesce a mettere a disposizione. Il punto irrisolto riguarda la capacità di uscire dall’emergenza. Non si tratta più di spendere riparare, ma di spendere per prevenire e per saper affrontare".
E la cultura cooperativa, è viva e florida?
"Viva, nonostante una natalità scarsa. Purtroppo l’alta imprenditorialità che contraddistingue le nuove generazioni non fa più il paio con un concetto di bene comune. Oggi la tendenza è fondare una startup da soli per poi rivenderla per intascare gli utili. Da qui deve ripartire il nostro impegno, anche nella formazione. Per far capire che fare insieme ha una marcia in più, e che costruire per poi lasciare a chi verrà ha un valore impagabile".