"Diventare cooperatori: la soluzione alle crisi sono i ‘workers buyout’"

Matteo Caramaschi, presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, come stanno le vostre imprese? "Hanno affrontato un recupero abbastanza complesso e a velocità...

Matteo Caramaschi, presidente di Confcooperative Terre d’Emilia, come stanno le vostre imprese?

"Hanno affrontato un recupero abbastanza complesso e a velocità differenziate. in uno scenario complesso composto dal post-Covid, dalle guerre e dall’aumento dei tassi di interesse. Se abbiamo resistito è stato solo grazie alla resilienza cooperativa".

Resilienza a cui avranno dovuto attingere maggiormente le cooperative agricole...

"Il comparto agroalimentare ha sofferto costi impazziti, alluvioni e ripartenze a macchia di leopardo. Il vino ha subito più di tutti. In compenso i formaggi hanno assorbito i problemi e sono cresciuti, nonostante tutto".

Il settore sociale ha portato a casa la trattativa sui nuovi contratti nazionali.

"Accordi che hanno dato soddisfazione ai dipendenti, che nel nostro caso sono spesso anche soci. Ma l’aumento dei costi di gestione ha un avuto un inevitabile rovescio della medaglia: l’aumento dei prezzi delle prestazioni".

La dimensione delle imprese conta?

"Per forza di cose chi ha le spalle più larghe sa incassare meglio i colpi. Ma le piccolissime sono più veloci nel ri-tararsi e nel cambiare obiettivi, finalità e organizzazione. Tutte hanno potuto agevolarsi dei nostri servizi, ad esempio di quelli in campo amministrativo e finanziario, grazie alle nostre banche cooperative, una parte importantissima del nostro mondo".

E il fenomeno dei workers buyout, i dipendenti che decidono di rilevare la propria impresa in difficoltà, ricorrendo alla forma cooperativa, esiste ancora?

"Esiste e spesso è l’unica soluzione di fronte a una crisi. Uno strumento che sosteniamo concretamente e che le istituzioni e i sindacati dovrebbero sostenere maggiormente. Ci impegneremo per farlo conoscere meglio".

Come va il vostro export?

"Quello agroalimentare, per noi preponderante, nel caso del Parmigiano Reggiano viaggia attorno al 50%".

E i nuovi dazi?

"Chi acquista il Parmigiano in America può permettersi anche un aumento di prezzo, Il fenomeno strano semmai, che abbiamo riscontrato già con la prima presidenza Trump, è che attualmente il mercato è drogato da una corsa all’approvvigionamento. Fenomeno che frenerà gli acquisti in un secondo momento, proprio per via delle scorte. Parmigiano a parte, però, sul nostro export abbiamo lavorato molto negli ultimi quindici anni e i risultati oggi per fortuna si vedono".

I disastri del clima hanno inciso sulle produzioni?

"Le cooperative ormai sono assicurate nel 99% dei casi. Il problema riguarda invece i conferitori ed è su di loro che devono concentrarsi gli aiuti, per proteggere il loro reddito e assicurare i livelli di produzione".

Simone Arminio