STEFANO FOGLIANI
Cultura 

Sul cammino dell’amicizia: 162 chilometri a piedi

Sette over 50 sono partiti da Sassuolo e hanno raggiunto Marina di Massa: 38 ore sulla via Vandelli e 5mila metri di dislivello

Sul cammino dell’amicizia: 162 chilometri a piedi

Sul cammino dell’amicizia: 162 chilometri a piedi

L’ottavo nano, perché Giuliano Baldelli, a Sassuolo, per tutti è il ‘nano’, alla fine non è partito a causa di un menisco ‘ballerino’. Gli altri sette, invece, si sono messi in posa all’alba di un martedì mattina, con gli ambulanti che cominciavano a ‘sistemare’ i banchi del mercato e il Palazzo Ducale sullo sfondo, ad immortalarne la partenza. In sette sono partiti, da Sassuolo, per arrivare a Marina di Massa (Toscana), dopo più di 160 chilometri percorsi a piedi in poco meno di una settimana, andando oltre i dislivelli da paura e le inevitabili insidie che il percorso, secolare e simbolico, nasconde. Perché, diciamolo, va bene che si cammina, ma non è certo ‘una passeggiata’ il tracciato che Domenico Vandelli tracciò a metà del Settecento a seguito dell’incarico ricevuto dal Duca Francesco III d’Este per fare della via che ha preso il suo nome una tratta allora necessaria alla continuità politica e territoriale, alla logistica militare ed ai commerci tra Emilia Romagna e Toscana.

Si parte da Sassuolo, si comincia ad arrampicarsi fino a Pavullo nel Frignano, poi si prosegue: La Santona, San Pellegrino in Alpe e poi la Toscana, dalla Garfagnana alle Alpi Apuane fino alla meta, Marina di Massa, cui i ‘magnifici sette’, partiti sei giorni prima, sono arrivati domenica. Giusto per dovere di cronaca, adesso, i dati della ‘gita’, allora, certificati dai devices dei viandanti, ovvero 162,54 chilometri percorsi, 38 ore e 37 minuti di cammino, 5664 metri di dislivello scollinati. E poi, sempre per dovere di cronaca, i nomi dei ‘nostri’ viandanti, ovvero Andrea Imarisio, Fabio Caluzzi, Paolo Ruini, Alessandro Lugari, Marco Pattarozzi, Maurizio Belli e Manuel Belli, questi ultimi solo omonimi, ma, sempre per dovere di cronaca, nessuna parentela tra di loro. Piuttosto un’amicizia che è diventata solida lungo i tanti chilometri percorsi, di cui quelli sulla via Vandelli sono stati solo gli ultimi, naturalmente in ordine di tempo. "Siamo un gruppo che cammina tutto l’anno, che è cresciuto numericamente mese dopo mese: abbiamo questa passione che ci accomuna e negli ultimi anni ci ha portati un po’ dovunque, lungo traiettorie storiche e suggestive. Avevamo già fatto la ‘via degli Dei’ da Bologna a Firenze un paio di anni fa e il ‘Giro del Lago di Garda’ l’anno scorso: con la Via Vandelli abbiamo, in certo senso, chiuso il cerchio, vista la difficoltà del percorso", spiega Imarisio. Che archivia la settimana che ha portato lui e i suoi sodali – tutti over 50, tutti di Sassuolo e zone limitrofe, tutti occupati, a vario titolo, nelle aziende del distretto ceramico – da Sassuolo a Massa come "la nostra ‘gita’ più riuscita. Un’avventura bellissima: splendidi i posti che abbiamo attraversato, spettacolare e indimenticabile l’accoglienza ricevuta dove ci siamo fermati". Già, perché sul loro cammino, i viandanti dicono di aver incontrato "persone splendide: dalla signora, esperta d’arte e di storia, che ci ha raccontato tutto del posto una volta arrivati a San Pellegrino in Alpe, fino al gestore dell’osteria della Santona. Per finire al proprietario del ristorante presso il quale abbiamo cenato, l’ultima sera, a Marina di Massa: anche lui appassionato di cammini, e reduce da quello di Compostela". E ammettono, i viandanti che sì, che ne è valsa la pena, di arrampicarsi sui nostri appennini e ridiscenderli fino al mare. Perché è ovvio che una gita del genere la si prepara non solo allenandosi, ma anche, e per farlo servono tempo e pazienza, preparando meticolosamente il succedersi delle tappe dal punto di vista logistico, anche se, immaginiamo, quando cammini così a lungo e con in spalla uno zaino che non pesa meno di otto, dieci chili, quando ti fermi dormiresti anche sotto un albero. Ed è altrettanto ovvio che, "se la fatica è tanta, la soddisfazione alla fine è ancora maggiore", spiega Imarisio. Che fissa nella partenza ("quando tutto comincia e l’adrenalina per l’avventura che inizia è al massimo") e nell’arrivo "i momenti più belli" e nella salita al passo della Tambura "il momento più difficile: tracciato impervio, sentiero difficilmente praticabile a causa di un fondo fatto principalmente di sassi e pietrisco, scarso riparo offerto dalla vegetazione e le cave che ti ‘sparano’ addosso il riverbero del sole, quasi strinandoti... Lì – ammette – non dico che abbiamo vacillato, ma non nascondo che qualcuno di noi possa essersi chiesto chi ce lo ha fatto fare". Trovando la risposta che cercava, però: il senso delle difficoltà, del resto, il luogo comune vuole che sia la capacità che ha ognuno di superarle, le difficoltà, e nel caso dei ‘nostri’ viandanti, a sorreggerli, è stato anche uno ‘spirito’ di gruppo cementato da altre e analoghe esperienze. "Tra di noi c’è un affiatamento particolare, in effetti: quando cammini così a lungo capita anche di parlare, di confrontarsi l’uno con l’altro.

Gli argomenti? Ovviamente sport, visto che il gruppo è prettamente maschile, ma anche lavoro, famiglia, affetti. E la condivisione della fatica, la volontà di raggiungere l’obiettivo crea un’empatia tutta particolare, che – conclude Imarisio – credo sia stata la cosa più bella delle tante, bellissime, vissute durante la nostra ‘settimana’ in viaggio". Settimana tanto bella che il gruppo, mentre si arrampicava lungo i crinali delle Alpi Apuane, pianificava già il prossimo ‘viaggio’ che vedrà protagonisti i viandanti sassolesi.

"Abbiamo parlato anche di quello: l’idea è di fare la Basilicata da costa a costa". Appuntamento a maggio dell’anno prossimo, allora, per i viandanti.