Pino il condottiero. "Una ricostruzione da vivere con serenità»

Sacripanti è tornato a Pesaro a distanza di 16 anni: "Ho imparato di più ad adattarmi ai giocatori, da giovani si è troppo convinti dei propri principi".

"Una ricostruzione da vivere con serenità"

Sacripanti è tornato a Pesaro a distanza di 16 anni: "Ho imparato di più ad adattarmi ai giocatori, da giovani si è troppo convinti dei propri principi".

Sacripanti 16 anni dopo. Com’è cambiato il coach rispetto alla sua prima esperienza a Pesaro, quando aveva 37 anni, era alla prima stagione lontano dalla sua Cantù e prendeva in mano una Scavolini appena tornata in serie A?

"Ho imparato ad essere più aperto mentalmente e ad adeguarmi alla squadra che ho a seconda del materiale umano a disposizione. Le tante esperienze maturate in giro per l’Italia mi hanno insegnato a rivedere le convinzioni assolute che hai quando sei giovane e che pensi di poter applicare alle tue squadre, ho capito il valore della pazienza. Non ci sono cose giuste o sbagliate, ed è concesso il beneficio del dubbio".

Ci sono allenatori difensivisti, che vincono le partite a 60 punti, e altri sbilanciati sull’attacco che se le giocano attorno ai 90. Pino dove sta?

"Cerco sempre l’equilibrio tra attacco e difesa: l’applicazione parte a livello individuale, ma sono un allenatore che crede profondamente nel collettivo che sa condividere la palla. Poi sono le caratteristiche dei giocatori che ti indicano in quale versante spingere maggiormente".

Si dice ormai da anni che i playmaker classici non esistono più, è per questo che ha affidato la regia a due ’combo’ come Imbrò e Ahmad in grado di gestire e scambiarsi il ruolo?

"Il mercato è frutto delle nostre scelte ma anche di quello che c’è a disposizione da pescare. Per noi è stato difficile ripartire da zero, perché anche Maretto che l’anno scorso era qui non ha mai giocato. Abbiamo cercato di strappare qualcuno alla concorrenza e in qualche caso ci siamo riusciti. Forse non abbiamo preso delle prime punte ma cercato di mettere armonia nel discorso dei ruoli, sperando che la nostra versatilità ci porti dei vantaggi".

La Vuelle si presenta senza un pivottone sotto le plance. La verità: l’avrebbe voluto o preferisce uno schieramento più agile?

"A parte che sono sempre più rari questi tipi di giocatori, a me piace giocare con un centro dominante come furono Eric Williams, Fesenko, Akindele. Quest’estate pensavamo di aver già chiuso con Vildera poi le cose sono andate diversamente e abbiamo messo quattro lunghi ad incastro fra loro, ritenendo che la cosa possa funzionare".

Le aspettative sono enormi dopo la retrocessione, possono diventare un peso per voi?

"Quando sono arrivato era chiaro per me che c’era da ricostruire e per questo ho firmato un biennale con opzione per la terza stagione. Non nego che sarebbe bello salire subito, ma non dimentico che a Napoli il primo anno misi le basi, il secondo aggiustai il roster mantenendo il nucleo e centrammo la promozione. Ecco, vorrei che il modello da seguire fosse questo, senza avvelenarsi il sangue e mantenendo la serenità che aiuta una squadra a compattarsi, reagire alle difficoltà e sentirsi unita con la propria tifoseria". Elisabetta Ferri