LORENZO FRASSOLDATI
Sostenibilità

Mazzini (Coop Italia): "Ortofrutta in affanno, ma la distribuzione farà la sua parte"

Il responsabile Freschissimi della cooperativa: "Il nostro settore è più condizionato degli altri dai cambiamenti climatici in atto. Le produzioni sono radicate e quasi mai trasferibili altrove".

Mazzini (Coop Italia): "Ortofrutta in affanno,  ma la distribuzione farà la sua parte"

Mazzini (Coop Italia): "Ortofrutta in affanno, ma la distribuzione farà la sua parte"

Ortofrutta e Grande Distribuzione, un rapporto difficile. Il tema dei prezzi è un terreno minato, il braccio di ferro tra buyer e fornitori è una pratica quotidiana, l’andamento dei consumi una preoccupazione comune. Federdistribuzione continua a ripetere che i consumi non ripartono. "Rimangono fragili in un contesto contraddistinto ancora da incertezza e debolezza della capacità di spesa delle famiglie".

Claudio Mazzini, responsabile Freschissimi di Coop Italia, l’ortofrutta fa meglio o peggio del resto?

"Il contesto economico lo conosciamo, l’inflazione ancora non molla la presa, siamo in una fase che potremmo definire di de-inflazione, ma i prezzi al consumo su a due anni fa sono ancora decisamente più alti e i consumi, almeno in ortofrutta, sono calati dal 2020 al 2023 di quasi 7 punti, che a volume significa 400mila tonnellate in meno di frutta e verdura. Certo siamo diventati più virtuosi e sprechiamo meno, ma purtroppo questo significa un ulteriore allontanamento dalle 5 porzioni consigliate per una sana alimentazione. Non solo consumi fragili, ma aumento della polarizzazione, nomadismo tra le insegne alla ricerca di offerte e di maggiore convenienza. Il primo quadrimestre vede una timida ripresa, ma con un meteo così incerto anche fare previsioni diventa più complicato che in passato".

L’ortofrutta sconta gli effetti del cambiamento climatico (minore produzione), un aumento medio dei prezzi e tanti lamentano anche una qualità organolettica carente. Come se ne esce?

"Il cambiamento climatico è la vera grande emergenza del settore, perché a differenza degli altri settori l’ortofrutta, esclusi alcuni prodotti, non ha possibilità di stoccaggio; ogni evento, sempre più estremo, ha effetti diretti sulla produzione e sui consumi. Non solo i prezzi medi sono aumentati, ma è aumentata la variabilità delle qualità stessa. Faccio un esempio: in Sicilia non piove in maniera significativa da giugno 2023, praticamente 12 mesi e, almeno sui nostri scaffali, la Sicilia è il primo produttore con oltre il 17% di incidenza. Questo significa non solo minore produzione ma anche mettere a rischio il futuro di interi distretti produttivi che, a differenza di un industria, non sono spostabili altrove, perché il pomodoro a Pachino e le Arance Tarocco debbono le loro caratteristiche uniche proprio all’unicità del luogo. Non se ne esce, almeno non a breve e senza investimenti significativi. Un distretto agricolo non si sposta".

L’Italia è diventata un importatore netto di ortofrutta in quantità. Il mondo produttivo chiede più spazio sugli scaffali per il made in Italy. Coop Italia cosa risponde?

"Per noi il prodotto locale viene prima, quello prodotto vicino ai nostri punti vendita laddove possibile, quello regionale e nazionale poi, sono oltre il 90% delle vendite se si escludono i prodotti tropicali. Per noi il baricentro è e sarà italiano, le importazioni sono eventi estemporanei o in caso di mancanza di prodotto o in caso di copertura di periodi in cui l’Italia non produce. Più spazio non credo sia possibile, è invece possibile avere spazio a maggior valore, e su questo i dati degli ultimi anni ci dicono che nonostante l’aumento dei prezzi, l’incertezza produttiva, il calo dei consumi, i prodotti di qualità eccellente, mi riferisco alla nostra linea Fior Fiore, sono in continuo aumento, perché quando il consumatore riconosce una maggiore e costante qualità, è anche disposto a riconoscere un prezzo maggiore. Su questo la produzione nazionale ha ancora un grande spazio se saprà lavorare con coerenza in questa direzione".

All’ortofrutta si chiede sempre più innovazione e più aggregazione, più capacità di programmare. Finora non si è fatto abbastanza?

"Questo è un tasto dolente, è evidente che per competere, per innovare, per affrontare le sfide di nuovi mercati serve aggregare i volumi, fare economie di scala, avere una diversa postura, ce lo hanno insegnato gli amici spagnoli. Su questo purtroppo, se si escludono alcuni casi di successo (penso alle mele per esempio) la tendenza è ancora quellA di essere tante teste di sardina piuttosto che pinna di un grande squalo. Questo limite, credo in parte culturale, prima di tutto, deve essere superato. L’arrivo massiccio della finanza anche in agricoltura (nell’agroindustria è arrivata da tempo) sta cambiando i paradigmi, ma anche togliendo quella capacità di innovare e cogliere le opportunità tipiche dell’imprenditoria nazionale, serve cercare modelli di aggregazione che mettano assieme i volumi e le risorse lasciando ai singoli la capacità di fare impresa. Gli strumenti ci sono, la Ue li finanzia pure, mi riferisco alle AOP che recentemente è stato applicato nel mondo delle pere".

Lei è anche vicepresidente dell’OI-Organismo interprofessionale Ortofrutta Italia, sede di confronto di tutta la filiera. Mondo produttivo e grande distribuzione sono pronte ad una leale collaborazione, superando le continue e spesso sterili polemiche?

"Sì lo sono, e lo sono da tempo, da prima del mio mandato, ma anche in questo caso serve superare il dilemma dell’apparire di Ecce Bombo ricordate? Mi si nota di più se vengo e me ne sto in disparte o se non vengo per niente? Quando si riuscirà a superare questo dilemma avremo un luogo di confronto leale, di collaborazione, di progettualità e crescita di questo meraviglioso settore. Nella mia esperienza le polemiche non sono mail sui contenuti, sul cosa fare, ma sempre sul come, sul territorio proprio o presunto tale da presidiare".