Fa sempre più caldo e la terra ha sempre più sete. I dati dicono che la siccità italiana ha raggiunto livelli ormai preoccupanti con una una perdita del 51,5% delle risorse idriche rinnovabili in un anno rispetto alla media storica dal 1950. A fotografare questa situazione è la Community Valore Acqua per l’Italia di The European House - Ambrosetti. Secondo il report sono dodici le regioni ad alto stress idrico e il dato non potrà che aumentare.
Colpa di temperature che nel 2023 in Italia sono cresciute più che altrove e dell’attività dell’uomo che aumenta la pressione climatica del Belpaese. La nostra penisola si colloca come quarto Paese dell’Unione Europea per stress idrico, con un indice di 3,3 su 5. Solo Belgio (4,4), Grecia (4,3) e Spagna (3,9) presentano valori peggiori. Dodici le regioni che soffrono di più: Basilicata, Calabria, Sicilia, Puglia sono le più esposte in assoluto, seguite nell’ordine da Campania, Lazio, Marche e Umbria, Toscana, Molise, Sardegna e Abruzzo. Gli esperti - riporta la Community Valore Acqua - stimano che entro il 2030 lo stress idrico si intensificherà ulteriormente in alcune regioni italiane, con un incremento dell’8,7% in Liguria, del 6,1% in Friuli-Venezia Giulia e del 5,7% nelle Marche.
Gli impatti maggiori del fenomeno si anno su agricoltura e idroelettrico. Due i settori maggiormente colpiti dal riscaldamento globale e dalla siccità: l’agricoltura e l’idroelettrico. La prima, già sottoposta a numerose pressioni, sta affrontando una crescente scarsità d’acqua che mette a rischio la produzione alimentare e la sostenibilità delle attività agricole. Qualche esempio: la produzione di miele si è ridotta del 70%, del 63% quella delle pere e del 60% le ciliegie. L’idroelettrico, che rappresenta una fonte fondamentale di energia rinnovabile per l’Italia, non se la passa meglio, e la scarsità di acqua compromette la capacità del Paese di soddisfare la domanda energetica attraverso fonti pulite.
A monte di tutto ci sono precipitazioni mai così limitate, drasticamente diminuite, anzi, e il manto nevoso che ha registrato un deficit del 60% rispetto alla media del decennio 2010-2021. A causa delle elevate temperature, solo il 13,5% delle piogge ha contribuito alla ricarica delle falde acquifere. Questo fenomeno desta ulteriore preoccupazione, poiché si prevede che la risorsa idrica rinnovabile si ridurrà ulteriormente del 40% entro il 2100, con picchi di riduzione del 90% nel mezzogiorno d’Italia. Necessario, insomma, invertire la china.