Confcooperative: "La Ue cambi passo. La politica difenda le produzioni agricole"

Il presidente Raffaele Drei lancia l’allarme dopo il voto di giugno "Attenzione, Europa sempre più dipendente da forniture estere". E invoca uno stop alle "campagne denigratorie contro le nostre filiere".

Confcooperative: "La Ue cambi passo. La politica difenda le produzioni agricole"

Confcooperative: "La Ue cambi passo. La politica difenda le produzioni agricole"

di Martino Pancari

"Il nostro settore si aspetta un nuovo approccio da parte dell’Unione Europea, un approccio meno ideologico e più attento a valorizzare la produzione agricola come un grande bene da salvaguardare". Parola di Raffaele Drei, presidente di Confcooperative Fedagripesca Emilia Romagna, che auspica un cambio di passo da parte delle Istituzioni europee, anche a seguito della recente tornata elettorale. Alla guida della Federazione regionale che riunisce 374 cooperative agroalimentari e della pesca con oltre 19.500 dipendenti e un volume d’affari di 11,66 miliardi di euro, espressione di una base di 46.000 soci produttori, Drei sottolinea le principali sfide che la cooperazione agroalimentare si trova oggi ad affrontare.

Presidente, i temi agricoli non sono stati sotto i riflettori durante la campagna elettorale delle europee. Eppure si veniva dalle proteste dei trattori a Bruxelles.

"Purtroppo il dibattito è stato troppo ostaggio delle contrapposizioni politiche che poco hanno a che vedere con le esigenze del settore primario. Le proteste sono state motivate da un profondo disagio vissuto dal mondo agricolo in tutto il continente, e sono servite per chiedere alla politica europea una diversa considerazione nei confronti della produzione. Noi come agricoltori non chiediamo sussidi, ma di essere messi nelle condizioni di assolvere alla funzione primaria dell’agricoltura, quella cioè di produrre cibo sano, sicuro e di qualità".

Una funzione tutelata dalla Politica Agricola Comune, tanto criticata negli ultimi tempi.

"Sulla Pac va sgombrato il campo da ogni equivoco: è stata la migliore cosa che l’Unione Europea abbia fatto in tutta la sua storia, non perché ha salvato gli agricoltori che rappresentano qualche punto percentuale delle imprese europee, ma perché ha assicurato ai cittadini europei prodotti alimentari di qualità, sicuri e tracciati, ad un prezzo accessibile alle diverse fasce della popolazione, comprese quelle più deboli e povere. Non dimentichiamoci però che molti prezzi dei prodotti agricoli presenti oggi sui mercati non remunerano in maniera adeguata i produttori e da questo punto di vista la politica europea non è riuscita a intervenire in maniera efficace. La Pac inoltre ha sempre spinto gli agricoltori verso tecniche produttive rispettose dell’ambiente, quindi la green economy per noi non è un’invenzione degli ultimi anni. Ciò che non ci convince è l’ideologia ambientalista che non riconosce il percorso fatto e vuole imporre divieti e limiti con tempistiche impossibili da rispettare e senza valide alternative".

Spesso l’UE viene criticata anche per la sua debolezza nello scacchiere geopolitico internazionale. Che ruolo può giocare l’agricoltura in questo?

"La produzione agricola necessaria per il sostentamento della popolazione deve essere concepita sempre di più come uno strumento di difesa nell’ambito dello scacchiere geopolitico internazionale. L’UE deve decidere se intende tutelare le proprie produzioni oppure se penalizzarle divenendo sempre più dipendente dalle forniture estere. Abbiamo sperimentato sulla nostra pelle con la crisi energetica degli ultimi anni cosa significhi trovarsi a dipendere quasi da un solo Paese, che di improvviso diventa avverso. Oggi le più grandi potenze mondiali hanno intrapreso politiche di approvvigionamento alimentare, spesso anche con azioni eticamente discutibili. Davanti a questo scenario, l’Unione Europea non solo si disinteressa del tema, ma va addirittura nella direzione opposta, imponendo una diminuzione delle proprie produzioni. Questo ci porterà in una situazione di grave difficoltà".

Quali le sfide principali della nuova legislatura europea?

"Le sfide sono molteplici e ribadisco che a livello più generale serve un nuovo approccio verso il mondo agricolo. Sono poi numerosi gli interventi auspicati: dallo scongiurare che regolamenti come il SUR sui fitofarmaci possano riprendere piede alle modifiche necessarie al regolamento sugli imballaggi che impedisce in maniera illogica l’utilizzo di plastica monouso per l’ortofrutta fresca sotto il chilo e mezzo, dalla necessità di approvare le norme sulle TEA a maggiori investimenti nella ricerca pubblica. Senza dimenticare che occorre interrompere le campagne denigratorie contro filiere strategiche come lattiero-caseario e vitivinicolo".

Qual è la situazione relativa alla ricostruzione post-alluvione in Romagna?

"Le risorse stanno iniziando ad arrivare, anche se i meccanismi risultano ancora fin troppo complessi. Abbiamo apprezzato che il Governo abbia ascoltato la voce del mondo cooperativo inserendo nel DL Agricoltura gli sgravi contributivi per le imprese duramente colpite dalle calamità naturali. L’alluvione in Romagna infatti non si è limitata a danneggiare pesantemente migliaia di aziende agricole, ha anche intaccato in maniera importante la competitività di un sistema produttivo come quello ortofrutticolo romagnolo che deve confrontarsi ogni giorno sui mercati internazionali. Da qui la necessità di dare ossigeno per un tempo congruo alle nostre aziende".

Siete soddisfatti dell’ulteriore rinvio della Sugar Tax?

"Ci fa certamente piacere che anche quest’anno si sia sventata, seppure davvero al fotofinish, l’entrata in vigore della Sugar Tax, che penalizza ancora una volta la produzione frutticola regionale. Detto questo, chiediamo al Governo un atto di coraggio e di coerenza: la Sugar Tax va definitivamente abolita. Togliamola e apriamo una riflessione seria sull’impegno a promuovere stili di vita sani e improntati al benessere, senza lavarci la coscienza tassando solo le bevande analcoliche".