Il calo dei consumi delle carni bianche colpisce soprattutto il tacchino, che paga anche un dazio pesante sul fronte dei costi di produzione e di due anni di ridotta produzione a causa dell’epidemia aviaria. Sebbene il Veneto rimanga leader a livello nazionale per la carne del volatile, riuscendo a coprire la metà del totale prodotto, gli allevamenti sono in calo: da 422 sono scesi a 392, gran parte dei quali in provincia di Verona (il 68%). "Dopo anni di influenza aviaria, che ha colpito fortemente nel 2021 ed è continuata negli anni successivi, con parecchi focolai rilevati, le aziende sono ancora in forte difficoltà, in quanto hanno lavorato al 50% delle possibilità – sottolinea Diego Zoccante, vicepresidente della sezione di prodotto di Confagricoltura Veneto e presidente di quella veronese, oltre che presidente dell’Ava, Associazione veneta avicoltori –. Anche i consumi sono in calo, almeno del 10%, mentre i prezzi pagati ai produttori restano invariati nonostante i rincari scattati nella grande distribuzione. Il risultato è un minor utile per i produttori, che devono fare fronte a continui costi per gli adeguamenti delle strutture. Il decreto sulle misure di biosicurezza negli allevamenti avicoli, che entrerà in vigore il primo luglio, prevede infatti spazi adibiti per le pulcinaie in tutti i capannoni. Ciò significa non solo costi più alti dal punto di vista strutturale, ma anche per la gestione, a partire dal riscaldamento. Un controsenso, peraltro, in questa fase di transizione ecologica, in cui si va verso un utilizzo minore di combustibili".
SostenibilitàCarni bianche, il calo di consumi colpisce il tacchino