I democristiani lo sanno: bisogna farsi trovare al posto giusto al momento giusto. Per questo motivo, Sergio Mattarella non è parso stupito quando, scendendo in piazza Saffi dalla sua ‘auto blu’ con la bandiera tricolore sul cofano, si è trovato subito di fronte l’ex parlamentare forlivese Romano Baccarini. Una stretta di mano, occhi e bocche che sorridono, senza bisogno di tante parole: sono stati deputati nello stesso gruppo parlamentare (negli ultimi anni della storia della vecchia Dc) dal 1992 al 1994. Se avessero avuto più tempo, entrambi avrebbero parlato di un altro amico comune: Roberto Ruffilli.
Per Mattarella Forlì non sarà mai una città come le altre. "Avete un ruolo importante", sillabò al teatro Diego Fabbri nell’aprile 2018, a trent’anni dalla morte dell’amico (e chissà se, dicendolo, si è reso conto di quanto abitualmente i concittadini di Ruffilli siano soliti non accorgersi del proprio valore). Quel giorno non solo parlò – inizialmente non era previsto – ma confermò con forza una visita che probabilmente un altro presidente avrebbe annullato: il voto delle elezioni politiche gli aveva consegnato un puzzle che pareva impossibile comporre e tutta Italia, in quei giorni, guardava a lui in attesa di un miracolo laico, repubblicano, che consisteva nella nascita di un governo bloccato da veti e controveti. In mezzo a trattative serrate, ambasciate segrete dagli sherpa dei partiti, rassicurazioni alle cancellerie internazionali, quella data non è mai stata cancellata dalla sua agenda.
Poteva farlo solo un uomo – prima che un presidente – che avesse davvero compreso chi era Roberto Ruffilli: il senatore che, ben prima di Tangentopoli e del crollo della cosiddetta Prima Repubblica, teorizzò la necessità dei partiti di rinnovarsi, di ridare centralità ai cittadini (da qui il titolo dell’opera più famosa, ‘Il cittadino come arbitro’). E che, per queste idee, pagò con la vita. Per questo Forlì è "importante": ha il dovere di preservare questa memoria. Come lui continua a fare da 35 anni.
Era al funerale di Ruffilli, in Duomo, ma pochi lo conoscevano, anche se dal 1987 era ministro per i rapporti col Parlamento. Del resto Mattarella era entrato in parlamento appena 5 anni prima, nel 1983. Il suo cognome, sì, era noto: ma più per una pagina nerissima di cronaca che per la politica. Suo fratello Piersanti, presidente della Regione Sicilia, era stato ucciso dai killer della Mafia a Palermo il giorno dell’Epifania del 1980. Sergio, all’epoca semplice docente universitario, si trovò al suo fianco. Un dolore che una storica foto restituisce nitido: Sergio sorregge Piersanti, appena colpito (lo scatto è della fotoreport palermitana Letizia Battaglia, scomparsa nel 2022; l’autrice è stata esposta al San Domenico).
All’inizio della sua carriera nelle istituzioni romane, Ruffilli è uno di quelli con cui Mattarella fa amicizia: entrambi democristiani, entrambi accademici, identica anche la corrente, alla prima esperienza in Parlamento (anche se Ruffilli era a Palazzo Madama, Mattarella a Montecitorio). "Era difficile non avvertire il fascino di Ruffilli, per la sua acuta intelligenza, per la trasparenza e per l’elegante ironia", dirà poi a Forlì nel 2018.
Purtroppo nel 1988 ancora una volta non solo l’Italia è sconvolta dal piombo e dal sangue, ma anche la sua vita personale. Dopo la mafia, le Brigate Rosse. Dopo il fratello, un amico. Dopo Piersanti, Roberto. Per questo, non poteva mancare alla sua commemorazione di trent’anni dopo. "Il vero insegnamento – sottolineò il 16 aprile 2018 – Ruffilli ce lo ha dato con la sua vita stessa, limpida e generosa, in contrasto con l’efferatezza belluina dei terroristi. Una vita che rappresenta un punto della tessitura della storia del Paese, tragico, ma che ha seminato per la nostra convivenza positiva".
Dalla tragedia a una "convivenza positiva": parole che sembrano dare speranza ancora oggi, di fronte a problemi totalmente diverse. Anche il sindaco Gian Luca Zattini gliel’ha ricordato, il 30 maggio: Forlì è la città che ha reagito alle Br. Mattarella lo sapeva già. Sì, quando ha preso la parola in piazza Saffi, il presidente ne era già convinto: Forlì supererà anche l’alluvione.