L’uva Fogarina rinasce con la Cantina Sociale

Gualtieri, la realtà presieduta da Luigi Bellaria ha avviato un progetto di recupero per questo vitigno, patrimonio dell’agricoltura emiliana

L’uva Fogarina rinasce con la Cantina Sociale

Gualtieri, la realtà presieduta da Luigi Bellaria ha avviato un progetto di recupero per questo vitigno, patrimonio dell’agricoltura emiliana

"Oh com’è bella l’uva Fogarina, oh com’è bello saperla vendemmiar". Sono le parole del testo della celebre canzone del 1970 del Duo di Piàdena, per celebrare la festa di fine raccolto nelle campagne padane. L’allegro ritornello della nota canzone popolare ha un’origine strettamente reggiana, collegata ai grappoli dell’uva Fogarina, prodotto tipico di Gualtieri, valorizzata dall’attività della locale Cantina Sociale presieduta da Luigi Bellaria. E i numeri diventano sempre più importanti per una Cantina da 220 soci e oltre 3 milioni di bottiglie prodotte e vendute in tutto il mondo, capaci di raccontare un’affascinante storia di vino, tradizione, innovazione e futuro. La vendemmia 2023 ha consacrato definitivamente la rinascita dell’uva Fogarina, vitigno tipico della sponda reggiana del Po, dove a inizio Novecento arrivava a coprire quasi l’80% della superficie totale coltivata nelle zone di Gualtieri, Brescello e Boretto, per una produzione di sessantamila ettolitri di vino. Quasi scomparso nei decenni successivi, grazie a un lungo e impegnativo progetto di recupero avviato proprio dalla Cantina Sociale di Gualtieri insieme alle istituzioni locali, questo vitigno patrimonio dell’agricoltura emiliana è tornato a essere coltivato e vinificato in due interpretazioni. Un vino che si sposa incredibilmente bene con salmone o piatti della tradizione emiliana come erbazzone o gnocco. La Fogarina è un’uva "focosa" conosciuta a livello internazionale come "quella della canzone". Ma che ha rischiato di scomparire per sempre dal punto di vista della produzione. La Fogarina, insieme alla Spergola, è uno dei due vitigni tipici della provincia di Reggio Emilia. È presente sul territorio da centinaia di anni, anche se la sua origine si è condensata attorno a una specie di leggenda, seconda la quale sarebbe stato un pescatore, Carlo Simonazzi, a scoprirla nel 1820 sulle sponde del Po. In un giorno d’autunno si imbatté in un vitigno che, nonostante la stagione inoltrata, aveva ancora i grappoli maturi, pronti per essere raccolti. Ne rimase estasiato. La Fogarina, infatti, ha uno sviluppo tardivo, con vendemmia da metà ottobre in poi. Da segnalare, poi, come la Fogarina rivelò presto altre proprietà allettanti, che, in epoche lontane dai contemporanei prodotti enologici, la resero un importante vino da taglio. La Fogarina ha un uvaggio perfetto, da cartolina. Chicchi gonfi e regolari, grappoli folti, una bella altezza di pianta. Una volta raccolta e portata in cantina, rivela la sua arma segreta: una grande acidità, e una certa sensazione di vigore. Proprio per questo fu associata, nel nome, al fuoco. E anche per la località Focarino, vicino a Guastalla, in cui si raccoglieva. Di certo, però, è che la Fogarina cominciò a essere usata anche per bilanciare i tannini dei vini rossi fermi e corposi, così da ammorbidirli sul palato. Il boom della produzione fu a metà degli anni Venti, con 50mila quintali di Fogarina, pari all’80% dell’uva prodotta nell’area.

a. le.