
Il musher Fontana per due mesi ha partecipato a gare in terra scandinava con i suoi inseparabili husky: "Ci capiamo con uno sguardo"
All’Amundsen Race di Strömsund, l’ultima gara della stagione in terra scandinava, hanno chiuso al quarto posto. È un risultato che lo gratifica. Per circa due mesi, ci tiene a sottolinearlo, è stato atleta egli stesso, ma anche papà, medico di primo soccorso, nutrizionista e allenatore. "Questo sport è fatica e sacrificio, ma quante soddisfazioni, che emozioni…". Per Luca Fontana, il musher di Piandelagotti, è il 12esimo anno di attività con la slitta e i suoi amati cani. Lo raggiungiamo al telefono sulla via del ritorno verso l’Italia, prima di una sosta sonno ristoratrice ma soprattutto obbligata.
Sono due giorni che non si chiude occhio. "Tutto normale, gli ultimi giorni sono stati pieni di adrenalina, io e miei fantastici atleti abbiamo bisogno soltanto di recuperare un po’ di energie. Con calma. Sveglia presto, allenamenti, gare: veniamo da due mesi tosti, intensi".
Dispiaciuto per esserti dovuto ritirare alla prestigiosa Femundløpet?
"La salute dei miei cagnoloni viene prima di tutto. Ormai c’è una tale simbiosi tra di noi che mi basta uno sguardo per capire se qualcosa non va. Il trail non era bellissimo, 4 cani su 8 hanno cominciato a zoppicare e alla ripartenza dal secondo check point, dopo 282 km, ho percepito che erano stanchi, stranamente poco motivati. A quel punto per me è stato automatico il ritiro".
Rimangono comunque il secondo posto della Vildmarkracet di fine gennaio e il quarto posto all’Amundsen Race.
"E ovviamente mi fa piacere. Ma vorrei chiarire una cosa: a me interessa fare esperienza, affinare l’aspetto emozionale delle nostre avventure, poi prendo quel che viene, come succede nella vita. Non sono quello dei risultati a tutti i costi, è un’ossessione che lascio ad altri. In tutti questi anni poi ho capito una cosa fondamentale…".
Quale?
"Che una buona fetta della motivazione che mi spinge ogni volta a tornare in questi luoghi proviene da amici e famiglia. Sapere che sono lì all’arrivo, che tifano, soffrono e condividono ogni aspetto della mia filosofia di vita mi galvanizza e supporta anche nei momenti più difficili. È il caso del profondo legame che mi lega ad Anselmo Cagnati, il musher di Falcade, e a sua moglie Tulliola. Tra di noi si è creato un rapporto che va molto oltre la semplice amicizia. Da soli non si va da nessuna parte, il super-io in questo sport non combina nulla".
Chi è Luca Fontana?
"Una persona che ama la natura e la montagna, gli spazi all’aria aperta e i giri in bicicletta. Ma soprattutto sono il marito di Elena e il papà di Lia. Ho la fortuna, non scontata, di condividere con loro ogni aspetto della mia passione. Lo sleddog è uno sport che assorbe tempo: per gli allenamenti, per la cura dei nostri cani, per spostarsi. Ed è un tempo riconosciuto e accettato da tutta la famiglia. Guai se non fosse così".
Un giorno quindi chissà…
"Mi auguro di poterlo far diventare il lavoro principale. Ho in testa una scaletta precisa: slitta d’inverno prima delle gare, dog trekking tra primavera ed estate. Quest’anno, ad esempio, prima di partire per la Scandinavia, abbiamo messo in piedi alcune belle iniziative a Piandelagotti. Le buone premesse non mancano e se sono rose…".
Che rapporto hai con i social? "Non li amo ma so benissimo di non poterne fare a meno. Su Instagram, in particolare, sto cercando di fare le cose in maniera un po’ più professionale. In generale, ritengo siano utili nella misura in cui raccontano scampoli di realtà, all’opposto diventano inutili e pericolosi quando creano e alimentano idoli completamente virtuali".
E con i tuoi husky?
"È un rapporto profondo: mi sono entrati nell’anima come io nella loro. Per la scienza siamo due specie diverse, ma ci sono attimi in cui questa distinzione non esiste. Ci basta uno sguardo per trovare l’intesa".