Alessandro Pecci ha 23 anni e da quando ha impugnato per la prima volta una racchetta da tennis non l’ha più abbandonata. Una vita sul campo che l’ha portato ad essere l’attuale numero 440 della classifica Atp. Un’avventura iniziata proprio sui rossi del Circolo tennis di Riccione e continuata su quelli di mezza Europa.
Pecci, come si è avvicinato alla racchetta?
"Fino a 7 anni ho giocato a calcio, basket e fatto nuoto. Poi finalmente ho messo piede su un campo da tennis al Circolo di Riccione. Fino ai 14 anni il mio livello era molto alto, poi una serie di infortuni e gli impegni scolastici mi hanno fatto rallentare".
Ora come sta?
"Molto bene, sto giocando una media di trenta tornei all’anno, più la Serie A. Mi alleno alla Galimberti Accademy da maggio 2023 e sono contento. Da quando ho iniziato questa nuova avventura ho fatto un bel salto in avanti nel ranking Atp: da numero 1.200 sono arrivato alla posizione 440 attuale".
Ultimo torneo?
"Ho giocato a Mouilleron-le-Captif in Francia due settimane fa. Ora è iniziata la Serie A che gioco con un circolo campano e fino a gennaio sarò impegnato qui"
Com’è la vita del tennista?
"La parola d’ordine è sacrifici: si passa veramente poco tempo a casa. Ci vuole tanta passione per questo sport. Non è semplice per un ragazzo di vent’anni stare lontano dagli amici e dalla famiglia".
Da chi è accompagnato nei diversi tornei?
"Dal mio allenatore della Galimberty Accademy, poi ci sono i fisioterapisti, i preparatori atletici. Insomma dietro ad un’atleta c’è una macchina che si muove con lui".
Come si divide la stagione?
"In due parti, nei tornei sulla terra rossa e in quelli sul veloce, il cemento"
Quali preferisce?
"Prediligo il veloce, il mio gioco è aggressivo, mi piace spingere".
Quindi è un tipo da serv and volley.
"Quando c’è la possibilità mi piace rischiare e forzare il punto. Ormai però sono pochi i giocatori che servono e corrono a rete, la partita si fa da fonod campo".
Il giocatore a cui si ispira?
"Senza dubbio Berrettini, abbiamo un gioco molto simile".
Quanto contano la testa, il fisico e la tecnica?
"La testa è la cosa più importante, poi c’è il fisico infine la tecnica. Non dico che questa non sia importante, ma nel gioco moderno la mente e la prestazione possono cambiare le sorti di un intero match".
Cos’è per lei il tennis?
"Sarò scontato, ma per me è vita. Non ne potrei immaginarne una senza questo sport".
Federico Tommasini