Quest’anno la Piccola Famiglia dell’Annunziata, la comunità monastica fondata da don Giuseppe Dossetti nel 1955, celebra i 40 anni di sua presenza a Monte Sole. Tra le missioni che le furono affidate, e tuttora vengono portate avanti, vi è quella di fare memoria delle vittime innocenti giustiziate dai nazisti in questa valle.
"Fu il vescovo Enrico Manfredini – spiega Paolo Barabino, superiore del ramo maschile della Piccola Famiglia dell’Annunziata - a chiedere a don Dossetti di spostarsi con una nostra comunità a Monte Sole, poi come è noto Manfredini scomparse improvvisamente nel dicembre del 1983 e alla guida dell’arcidiocesi arrivò il vescovo Giacomo Biffi che decise di portare avanti la scelta del suo predecessore. Venne chiesto alla nostra realtà di fare memoria di quello che era successo visto il silenzio che era caduto sulle tante stragi che qui vennero compiute".
Come si svolge la vostra missione?
"Fu Dossetti a definirla in tre aspetti. Il primo è il suffragio delle vittime innocenti che qui persero la vita, un ricordo e una preghiera che il nostro fondatore volle fortemente inserito nell’oggi perché resti vivo l’insegnamento che dobbiamo trarre da quella strage. Il secondo riguarda la pace come ricerca e come testimonianza dialogando con le altre realtà vicine che hanno la nostra stessa sensibilità. Non si può essere uomini di pace se non si dialoga. Il terzo riguarda l’accoglienza dei pellegrini, sapendo che la tipologia dei visitatori sta cambiando nel tempo". Nel 1952 Dossetti si ritirò dalla vita politica e iniziò il percorso che porterà alla fondazione della vostra comunità. Nel 1994, proprio sul palco di Marzabotto durante la commemorazione della strage, ritrovò sul palco il presidente della repubblica Oscar Luigi Scalfaro. Entrambi avevate fatto parte dell’assemblea costituente. Cosa ricorda di quel giorno? "Era molto anziano, ma il suo volto non era segnato dall’età, ma dalla preoccupazione per il rischio che si stesse calpestando la Costituzione. Era in discussione la possibilità di modificare la nostra Carta senza passare dall’articolo 138. Uno strappo che avrebbe consentito a chiunque di cambiare la Carta a colpi di maggioranza. A quel punto intervenne più volte in questo dibattito non perché aveva nostalgia della politica, ma perché riteneva che in questo modo la Costituzione potesse perdere il suo spirito di difendere i diritti di tutti a partire dai più deboli". Nel 76simo anniversario dell’eccidio il presidente Sergio Mattarella scrisse che a Monte Sole sono piantate solide radici della Costituzione. Voi vi sentite testimoni di quel ‘ripudiare la guerra’ che è scritto nella Carta?
"Il problema se la nostra Repubblica stia realmente rispettando quel dettato esiste e la domanda se la era posta anche Dossetti. E’ un elemento molto critico e penso che non si sia ancora pienamente compreso lo spirito che i padri costituenti volevano esprimere con quella frase. Non credo si possano interpretare delle parole così chiare".
Non c’è pace senza perdono. Il padre di don Ubaldo Marchioni e la secolare Antonietta Benni votarono per il perdono a Reder. Lei cosa ne pensa? "La Benni fu molto chiara il perdono non significa amnistia come scrisse nel memoriale che inviò al Cardinale Nasalli Rocca. Non è tirare una riga e fare finta che non sia successo nulla, come ha ribadito il padre di don Marchioni quando venne criticato per la sua decisione che, però, non impose agli altri. Il perdono richiede un percorso personale e in questo si può essere solo accompagnati come fece Francesco Pirini che perse quasi tutti i parenti. Le due persone citate avevano dalla loro parte la forza del vangelo, anche negli insegnamenti di Gesù il perdono non è condono. E’ l’inizio di una nuova vita, Una volta mi fu detto che il nostro operare riapriva delle vecchie ferite e, quindi, riaccendeva l’odio. Io credo, invece, che la nostra presenza aiuti a capire quali cose orribili può fare l’odio e da qui vedere tutte le ragioni per scegliere l’amore".