Tra le priorità dell’Agenda 2030 non possono mancare l’occupazione e lo sviluppo economico. L’Obiettivo 8, infatti, cerca di "incentivare una crescita duratura, inclusiva e sostenibile, un’occupazione piena e produttiva e un lavoro dignitoso per tutti". Secondo le ultime tabelle Eurostat, nel 2022 il tasso di occupazione in Italia è salito di 1,9 punti percentuali, ma il nostro Paese resta distante di quasi dieci punti dalla media europea e, superato dalla Grecia, diventa fanalino di coda sia per le donne sia per gli uomini. Da noi l’occupazione tra i 15 e i 64 anni è passata dal 58,2% al 60,1%, a fronte di una media Ue che sale al 69,9%. Nazioni come la Germania restano lontanissime.
C’è poi la questione dei salari, che con l’inflazione galoppante è diventata esplosiva: in oltre trent’anni (il calolo prende in esame il periodo 1990-2020), l’Italia è infatti l’unico Paese UE con salari addirittura decrescenti (-2,9%), a fronte di incrementi corposi nelle altre economie mature.
L’economia dell’Emilia-Romagna continua a essere uno dei ’motori’ del Paese: nel 2022 ha registrato una crescita del 4% in linea con il resto d’Italia, sostenuta soprattutto dal settore delle costruzioni. Per il 2023, però, è previsto significativo rallentamento, con una crescita che difficilmente supererà lo 0,5%, secondo l’indagine sull’industria, realizzata in collaborazione tra Unioncamere, Confindustria e Intesa Sanpaolo. Per gli analisti l’Emilia Romagna ha recuperato rispetto ai livelli pre pandemia in termini di Pil, l’export e investimenti, addirittura superiori a quelli del 2019. Le imprese però sono in calo in quasi tutti i settori, mentre l’occupazione, che tornerà ai livelli pre pandemia nel 2024, sta tornando a crescere, tranne nella moda e del legno. Soddisfazione per la tenuta dell’economia regionale anche da parte di Annalisa Sassi, presidente Confindustria Emilia-Romagna.
Le Marche, dal canto loro, gongolano per i risultati dell’export che ha toccato, nel 2022, la considerevole cifra di 22 miliardi e 939 milioni di euro, con una crescita dell’82% rispetto al 2021. Un vero e proprio boom da Silicon Valley dei tempi d’oro, anche se vanno considerati i 9 miliardi e mezzo che arrivano dallo stabilimento della Pfizer di Ascoli Piceno. Epurato questo dato, comunque, la regione ha avuto un incremento del 22% rispetto all’anno precedente, due punti in più sulla media nazionale. L’export marchigiano, si legge nella relazione della Camera di Commercio regionale, ha di fatto recuperato tutta la produzione persa con la Russia. "I dati ci incoraggiano – ha affermato il presidente camerale Gino Sabatini –: questo risultato è una buona notizia che ci fa affrontare i prossimi mesi con più fiducia sapendo che la situazione resta fluida e potranno esserci difficoltà e stalli. Intendiamo attrezzare i nostri imprenditori con ulteriori voucher per l’internazionalizzazione ed integrare le misure già previste insieme all’assessore regionale Andrea Antonini. Questo sarà l’anno in cui si potrà tornare a fare affari in tutto il mondo".
I fatturati verso l’estero sono cresciuti in tutte le cinque province delle Marche: Ancona (+27,2%), Macerata (+21,7%), Fermo (+33,1%), Pesaro Urbino (+15,4%). Fino ad Ascoli Piceno dove l’export è salito del 503%. La prima voce dell’esportazione riguarda i macchinari e le apparecchiature, con 2 miliardi e 424 milioni, seguita dal tessile abbigliamento e pelli con 2 miliardi e 367 milioni (+ 31%) con le calzature che battono i dati del 2019 con un miliardo e 371 milioni (+34%). Da sottolineare anche le performance del secondo polo italiano della nautica perché la Regione triplica i dati del 2021 con oltre un miliardo di euro di imbarcazioni vendute all’estero.