Giacomo Agostini: "In moto sul lungomare tra due ali di folla: le mie gare più belle"

La leggenda delle due ruote, ora cittadino onorario di Riccione, ricorda le corse degli anni Sessanta: "Qui mi hanno sempre amato. A mia moglie, spagnola, piacerebbe venire a vivere in Riviera".

Giacomo Agostini: "In moto sul lungomare tra due ali di folla: le mie gare più belle"

Giacomo Agostini, 82 anni, ha vinto 15. campionati mondiali. di motociclismo

Con il rombo dei suoi motori, le corse e le vittorie ha emozionato il mondo intero, Giacomo Agostini, quindici volte campione del mondo di motociclismo, nonché pilota più titolato nella storia del motomondiale. Dallo scorso 20 settembre è cittadino onorario di Riccione. Non a caso. Qui, sul lungomare, negli anni Sessanta fino agli albori dei Settanta, sfrecciava in sella alla sua mitica MVAgusta. Correva per la Temporada Romagnola tra persone assiepate dietro le balle di paglia e altre arrampicate sugli alberi, sui fabbricati in costruzione e su improvvisati castelli di tubi innocenti. Anni leggendari che nei filmati di Secondo Casadei e nelle foto di Epimaco (Pico) Zangheri, fanno rivivere il mito del pluricampione, da un anno anche presidente onorario del nuovo Moto Club ‘Arcione’.

Agostini, cosa significa essere diventato cittadino onorario di Riccione?

"Sono felice perché questo riconoscimento mi viene attribuito da una città che amo e che mi ha dato anche delle gioie. Quando ho iniziato a correre era la mia seconda città, perché ero sempre qui per le gare, nasce da questo il mio legame. La Romagna in generale è una terra meravigliosa, dove e ho sempre trovato gente molto affettuosa nei miei confronti".

Cosa ricorda di quegli anni ruggenti?

"Era il 1962, quando ho cominciato a gareggiare sul lungomare per la Moto Temporada. Oltre alle persone, al loro affetto e a quanti erano in pista con me, ricordo i baldacchini che si costruivano lungo il circuito, simili alle impalcature che si montano per costruire le case, servivano al pubblico per vederci gareggiare. L’accoglienza era spettacolare, tant’è che tanta gente mi aspettava fuori dall’autostrada. Tuttora ho Riccione nel cuore".

Quali emozioni si provavano nello sfrecciare in moto sul lungomare?

"Un’emozione particolare, incredibile. Correre in mezzo alla folla, assieme a tutti gli altri, era meraviglioso, anche se pericoloso, ma sulla sicurezza pian piano si è lavorato molto. Le gare erano tutte belle, perché fortunatamente vincevo spesso, quindi ogni weekend che venivo qua era una gioia".

Poi al traguardo bagno di folla.

"Il pubblico si sentiva partecipe per cui festeggiava con noi. Era tutta una famiglia, mentre ora questo non è più possibile".

Assieme a lei correvano altri campioni come Renzo Pasolini.

"In gara c’era anche lui, che era di Rimini, quindi io arrivavo nella terra che tifava per il proprio idolo. Per me però è stata una grande gioia perché, nonostante questo, la gente mi ha accolto, apprezzato e voluto subito bene. Era un antagonismo molto bello, la lotta tra noi ha creato tanto entusiasmo".

Il circuito funzionò finché Angelo Bergamonti perì in un tremendo incidente.

"Ricordo quell’episodio (era il 4 aprile 1971), ero in gara con lui. Quella è stata una giornata molto triste, pioveva e si correva sotto l’acqua, la gara è terminata con un lutto che ha dato a tutti un grandissimo dispiacere".

Torna spesso a Riccione?

"Appena posso, quando c’è qualcosa o un invito, vengo a trovare i miei amici, ne ho diversi, come Bibo (Giuseppe Melucci), Cico e l’avvocato Giovanni Copioli, tuttora presidente della Federazione Motociclistica Italiana. C’era poi Ronci, già presidente del Motor Club, una persona squisita, grande appassionato di moto, quando arrivavamo, viveva con noi e provvedeva a tutte le nostre necessità".

Si dice che le romagnole e tutte le italiane la corteggiassero, ma poi ha sposato una spagnola?

"Maria (Ayso) ha lasciato il sole dell’Andalusia, parlando con me dice spesso che l’unico posto dove andrebbe a vivere in Italia è Riccione, così lei qui mi accompagna sempre, anche perché poi andiamo alla trattoria Delinda e, nonostante sia spagnola, alla tagliatella non rinuncia".

La sua vita è stata un capolavoro, cos’altro desidera?

"Ho avuto tanto, non sarei onesto a desiderare altro. Ho fatto lo sport che ho amato, sognavo di correre e ho corso, sognavo di vincere una gara e ho vinto 15 campionati mondiali e 18 italiani. Ho avuto più di quello che mi aspettavo, non posso lamentarmi, anche perché intorno c’è tanta gente che soffre. Devo solo essere felice e ringraziare".

Nel casco teneva la medaglietta della Madonna di Lourdes?

"Avevo quella, ma nel casco tenevo soprattutto la medaglietta del Papa buono, Giovanni XXIII, che come me era bergamasco".

Nives Concolino