di Davide Setti
MODENA
Nel mondo da sempre Modena è sinonimo di cuore rosso Ferrari, grazie alla popolarità della scuderia di Maranello, che è il paradigma più alto di come l’imprenditoria locale abbia investito negli anni sullo sport. In provincia sono tanti gli esempi legati a calcio e pallavolo, le due massime espressioni della passione sportiva dei modenesi. Dal 2021, anno dell’acquisizione del Modena Calcio, la famiglia Rivetti ha fatto innamorare i tifosi gialloblù. Originario del Piemonte, ma modenese di adozione, da quando nel 1993 ha rilevato il marchio di moda C.P. Company con sede a Ravarino, Rivetti in questi tre anni ha riacceso la passione allo stadio "Braglia" grazie anche al supporto dei figli, Matteo, Silvio e Camilla tutti in società. Il suo Modena rilevato da un altro modenese doc come Romano Sghedoni patron di Kerakoll, ha conquistato al primo assalto la promozione in Serie B e nella scorsa stagione ha sfiorato i playoff, obiettivo da rincorrere in questo secondo torneo cadetto. Ma il potenziale economico e le capacità dimostrate fanno sognare i tifosi per un ritorno in quella Serie A che il Modena attende dal 2004, passando per piccoli passi come in primis la costruzione del nuovo centro sportivo a Bagazzano, sette ettari di terreno fra Modena e Nonantola, per il cui progetto si attende il via libera dell’iter burocratico.
In Serie A invece da 11 anni c’è il Sassuolo, un autentico miracolo calcistico creato da Giorgio Squinzi, imprenditore milanese ma sassolese d’adozione per il legame del suo colosso Mapei col mondo delle ceramiche. Squinzi, scomparso a ottobre del 2019, è stato prima sponsor per tanti anni e poi dal 2002 patron del Sassuolo, portato dalla C2 fino allo storico salto del 2013 in massima serie, coronato con l’acquisto dal fallimento dello stadio Città del Tricolore di Reggio Emilia, ora Mapei Stadium. In 11 anni i neroverdi hanno centrato anche la qualificazione all’Europa League, sfornando giocatori di spessore per poi cederli ai grandi club. La scomparsa di Squinzi, seguita un mese dopo da quella della moglie Adriana Spazzoli, ha lasciato la società nelle mani dei figli Marco e Veronica che stanno portando avanti il club.
Per un’unica stagione, quella 2015-16, la provincia di Modena ha potuto vantare due squadre nella massima serie. Il Sassuolo era stato raggiunto dal Carpi targato Stefano Bonacini, imprenditore carpigiano del marchio di moda Gaudì, capace di guidare la scalata del club dalla Serie D in massima serie in appena 6 anni. Nel 2020, dopo il ritorno in Lega Pro, Bonacini ha ceduto il club e ora il Carpi, dopo il fallimento del 2021, è guidato in Serie D da un altro imprenditore del tessile carpigiano, Claudio Lazzaretti della Texcart.
Un capitolo a parte nel rapporto fra sport e imprenditoria modenese merita la pallavolo, una passione infinita sbocciata a metà degli anni ’60 grazie alla famiglia Panini, Benito e Giuseppe, fondatori del Gruppo Sportivo Panini finanziato dall’omonima azienda di figurine. Una storia sotto rete cominciata col primo scudetto del 1970, apripista di una bacheca sconfinata che vede brillare 12 titoli di campione d’Italia, 12 Coppa Italia, 4 Supercoppa italiana e 14 coppe europee fra cui 4 Coppe dei campioni. In questi ultimi 50 anni Modena volley è passata di mano molte volte: nel 1993 a Giovanni Vandelli, industriale delle ceramiche, poi dal 2005 con il passaggio ad Antonio Barone, ex giocatore, si susseguono i cambi al vertice, fino al ritorno nel 2013 di Catia Pedrini che nel 2022 è uscita per lasciare spazio a Giulia Gabana, ex vice presidente, figlia di Marcello Gabana, scomparso nel 2009 e fondatore dell’omonima Holding di Calcinate (Brescia) già nel volley con la Gabeca Montichiari. Tocca a lei ora tenere alto il nome di Modena nella pallavolo.