VALERIO
Cultura 

Giovanna, Maria, Bruno e gli altri. Marzabotto Coraggio e memoria

Abbiamo incontrato sopravvissuti e parenti dei caduti: un monito perché questo non accada mai più

Baroncini

Un uomo sulla soglia di una porta di Sibano e, sullo sfondo azzurro del cielo, una formazione di aerei. Quel papà non c’è più stato: rastrellato dai tedeschi, ammazzato alla canapiera e scomparso nel fiume. Giovanna e la madre dormirono per 40 giorni sul feretro, il corpo non arrivò.

Bruno Zebri ha avuto la famiglia sterminata: "Quando arrivarono i tedeschi, mio padre si nascose nel bosco e la sorella Bruna, incinta di nove mesi, cercò di andare con lui dicendo, dalla finestra, ’Vengo con voi’. Ma il papà le disse di no, perché i tedeschi di solito cercavano solo uomini adulti". Non andò così: i tedeschi infatti bruciarono la casa degli Zebri dove la nonna morì bruciata, uccisero altri componenti, a uno in particolare tolsero gli occhi e spararono 14 colpi. E la Bruna? "La squarciarono, e infilzarono il feto. Mio padre ha fatto i conti con quel giorno per tutta la vita".

Maria Iubini, da Caprara, nacque solo perché la madre era scesa per prendere le mucche e, per questo, sfuggì alla furia nazista: "Tutti gli altri furono radunati nella chiesa di San Martino e poi i tedeschi iniziarono dalle finestre a buttare delle bombe. In seguito, a sparare con la mitragliatrice. Mia zia raccontava che lei e un’altra si salvarono sotto i morti. Una scheggia le era andata nella schiena e le impediva di camminare; l’altra era cieca. Piano piano uscirono rifugiandosi in un fosso, poi camminarono, non si sa come". Gianluca Luccarini è un altro dei familiari dei caduti: "La mia famiglia abitava alle Calvane. Undici persone: mia nonna aveva 9 figli e aveva compiuto 49 anni. Dopo il settembre 1944, ne rimasero vivi solo tre". Storie fra le centinaia di storie. Storie da non dimenticare. Per questo ve le raccontiamo. Ancora oggi, dopo 80 anni.