
Viale Mazzini, nel cuore del vecchio ghetto ebraico, col campanile del duomo (Benini)
Tra il Carlino e Ferrara c’è da sempre un rapporto inestricabile e la storia del giornale è quasi inscritta nel Dna della città, sin dalle origini. Merito di quel genio di Amilcare Zamorani, avvocato ferrarese che, il 27 dicembre 1885, mollato un ben avviato studio legale, entrò nella società bolognese fondata qualche mese prima risollevandone i conti e divenendo direttore della testata fino al 14 dicembre 1905. Sotto la sua direzione, il giornale diventò un vero quotidiano di informazione, assumendo il tono dei maggiori giornali nazionali (che, a quell’epoca, erano Il Secolo e Il Corriere della Sera), reclutando firme di grande prestigio (una su tutte: Giosuè Carducci) e portando avanti battaglie per il miglioramento delle condizioni sanitarie del paese, per la laicità dello Stato e della scuola, per l’alfabetizzazione e la promozione culturale del popolo. Pagine specificatamente dedicate alla cronaca ferrarese vengono pubblicate già nei primi anni Venti del secolo scorso - dopo quelle di Bologna e di Modena - e da allora, tra alterne vicende, dal secondo dopoguerra in poi, il Carlino diventa il respiro liberaldemocratico e moderato in una regione a vocazione rossa.
Lo speciale sui 140 anni del Carlino
Da quei mitici albori, il giornale ha raccontato la città e la sua provincia, accompagnandone lo sviluppo da terra rurale e di bonifica fino all’industrializzazione e assecondando la sua specificità di terra “fuori dalla via Emilia” pur smorzandone la tendenza al provincialismo per connetterla - è la natura stessa del Carlino ad imporlo - al resto di una regione che, ormai da decenni, viaggia più velocemente. Pur “appagando il mattutino appetito di novità” - cito dall’editoriale apparso nel primo numero in edicola il 21 marzo 1885 - il nostro giornale ha raccontato il bello della città - dall’esaltante stagione delle grandi mostre ai Diamanti ai tempi di Franco Farina alla geniale intuizione del restauro delle Mura fino alla travolgente promozione della Spal in serie A nel maggio 2017 - ma anche le zone d’ombra, dallo scandalo del Palaspecchi alla contestatissima costruzione dell’ospedale di Cona, dando spazio a tutte le voci e senza fare sconti alla politica.
In questi lunghi anni, molte firme di grande prestigio sono transitate per le redazioni del Carlino (da quella di viale Cavour a quella di via Cittadella fino all’attuale, in Galleria Matteotti) e citarne qualcuna farebbe torto a tutte le altre: tutti gli uomini e le donne che hanno raccontato la città e i paesi della provincia, ognuno con la propria personalità e sensibilità politica, hanno cercato di interpretare l’anima dei fondatori dando uno stile personale e inconfondibile alle cronache. Lo stile del Carlino. Oggi la città - che dal 2019 è governata dal centrodestra dopo oltre 70 anni di dominio della sinistra - è alla ricerca di una nuova identità dopo aver subito tre grandi “terremoti”: la crisi della potente Coopcostruttori nel 2003 (il terzo crac italiano per grandezza dopo Parmalat e Cirio), il tremendo sisma del maggio 2012, che colpì duramente il centro storico e l’Alto ferrarese, e il fallimento - ancora non interamente digerito e mai compiutamente spiegato - della Cassa di Risparmio, che umiliò la città, ne ferì l’orgoglio, travolse migliaia di risparmiatori e privò il territorio di un grande motore di crescita.
In tutte queste sciagure, il Carlino ha sempre cercato di raccontare i fatti ma anche di essere voce critica e luogo di dibattito - oltre gli steccati politici - per andare oltre e costruire. Anche con iniziative concrete, come la raccolta di fondi per ripulire dalle erbacce il Castello o per coprire, con un telone artistico, il cantiere del duomo nel 2018. Tutte battaglie in cui i ferraresi sono scesi i campo accanto al giornale donando chi poco, chi tanto. Le sfide di oggi, per l’intero territorio, sono molte: la reindustrializzazione, il rilancio del polo chimico, il ripensamento del settore ittico duramente colpito dal granchio blu, la ricerca di alleanze variabili (con Ravenna per turismo e Camera di commercio, con Bologna e Modena per la manifattura, con il Veneto per il parco del Delta), l’integrazione - mai del tutto riuscita - tra la città d’arte e la costa, il rilancio delle aree interne, la valorizzazione della Zls da poco ottenuta e la modernizzazione delle infrastrutture (Cispadana, terza corsia della A13, statale Adriatica e collegamenti ferroviari con il porto classense).