
L'Omicidio di JFK
C’è un prima e c’è un dopo l’assassinio di John Fitzgerald Kennedy nella storia contemporanea degli Stati Uniti d’America e, di riflesso, dell’intero Occidente. Quel prima e quel dopo ruotano intorno al 22 novembre 1963, giorno in cui Kennedy arrivò a Dallas per una visita istituzionale e politica senza mai fare ritorno. Il 35° presidente degli Stati Uniti fu ucciso da almeno due colpi di fucile sparati dal deposito di libri della Texas School, gesto che fu attribuito a Lee Harvey Oswald, un impiegato del deposito dei libri dal quale furono esplosi i colpi mortali, a sua volta ucciso pochi giorni dopo il suo arresto, mentre veniva trasferito in carcere, da un controverso gestore di night club di nome Jack Ruby.
L’assassinio di Jfk è sì un caso ancora aperto, come da titolo di un celebre film del 1991 di Oliver Stone, ma è soprattutto uno spartiacque nella storia del ’900: con Kennedy morì anche l’american dream incarnato dagli Stati Uniti dalla fine della Seconda Guerra Mondiale in poi. Dopo, ci fu solo spazio per una lunga stagione di violenza e contrasti: dagli orrori della guerra in Vietnam alle contestazioni studentesche, dalla presidenza Nixon allo scandalo del Watergate. Niente più ‘nuova frontiera’, conquista della luna e solidarietà transatlantica rappresentata da una sola semplice frase quale ‘Ich Bin Ein Berliner’. E se interrogarsi sui risultati e gli errori della sua breve presidenza è compito (tuttora conflittuale) degli storici, una cosa è sicura: almeno nell’immaginario collettivo, quel giorno a Dallas Jfk perse la vita ma conquistò una sua personale e ineguagliabile immortalità.