
I professionisti che hanno collaborato alla riuscita dell’intervento. Al centro il dg Baldino insieme al prof La Marca
Modena, 16 aprile 2026 – Prima la malattia, poi la guarigione e ora l’obiettivo di mettere al mondo una vita. Quattordici anni che hanno attraversato tutti i colori dell’esistenza quelli di una 36enne modenese che recentemente si è sottoposta ad un intervento di autotrapianto ovarico al Policlinico riconquistando la fertilità.
Nel 2011 a soli 24 anni la diagnosi di un tumore maligno, il linfoma di Hodgkin. Seguono cicli di chemioterapia che sul momento funzionano ma l’anno seguente il tumore si ripresenta e necessita di autotrapianto di midollo. Il futuro sembra sempre più incerto ma là, sullo sfondo, ci sono quelle piccole cellule cristallizzate che hanno tutto il sapore della vita. I ginecologi del Policlinico, dopo la diagnosi, le proposero infatti di crioconservare il proprio tessuto ovarico che altrimenti sarebbe stato gravemente danneggiato dalla chemioterapia.

La giovane accettò affidandosi all’equipe guidata dal professor Antonio La Marca, oggi direttore della Ginecologia e Ostetricia dell’Azienda Ospedaliero – Universitaria di Modena. A distanza di 14 anni quelle cellule congelate sono tornate in vita e sono state reimpiantate nella regione della fossa ovarica della donna, riattivando in questo modo la fertilità. L’intervento è stato eseguito con tecnica mininvasiva in laparoscopia. I frammenti di pochi millimetri, che ’dormivano’ nell’azoto liquido da oltre 10 anni sono stati ’risvegliati’ nel momento dell’intervento, raccolti su catenine e ’ricuciti’, sul residuo ovarico della paziente. “Occorre una grande sinergia tra l’equipe della sala operatoria e l’equipe di embriologi e biologi del laboratorio”, ha detto la dottoressa Daniela Tagliasacchi che ha fatto parte proprio dell’equipe di laboratorio.
L’obiettivo é duplice: ripristinare la produzione ormonale naturale e consentire una futura gravidanza, anche con concepimento spontaneo. Per Modena è il primo intervento di questo tipo; é stato eseguito solo in pochissimi centri italiani altamente specializzati perché richiede il lavoro di equipe multispecialistiche, di ginecologi, oncologi, anatomopatologi. Il suo successo dipende da una rigorosa selezione dei casi, dalla qualità del tessuto conservato e appunto dall’esperienza dei medici.
La criopreservazione del tessuto ovarico é una tecnica di preservazione della fertilità che prevede il prelievo e la conservazione di porzioni di tessuto ovarico contenenti follicoli ovarici primordiali. Per le donne che devono iniziare tempestivamente cure oncologiche che nella maggior parte dei casi provocano menopausa precoce, è l’unica opzione disponibile per recuperare la fertilità.
Nel caso della 36enne modenese c’erano tutti i presupposti perché l’intervento riuscisse, considerando che i tassi di gravidanza risultano più alti quando il tessuto viene congelato prima dei 35 anni. “Io stesso ero nell’equipe medica che nel 2011 ha proceduto con il congelamento del tessuto ovarico della paziente – ha detto il professor La Marca – l’ho rivista nel 2024 quando si è presentata a noi questa volta in coppia. Ci ha detto che si ricordava di avere congelato il tessuto ovarico e ci ha chiesto cosa potessimo fare. Da lì siamo partiti con tutti gli esami pre concezionali per accertarci che ci fossero tutte le condizioni per una buona gravidanza. Una coppia di persone eccezionali ed estremamente grintose – ha commentato il primario – e io auguro loro davvero che possano avere successo”.
Il 5% dei tumori colpisce persone in età fertile. In circa 14 anni al Policlinico sono stati congelati gli ovociti di 110 donne con problemi di natura oncologica. “Il successo di questo interventi – ha commentato l’ingegner Luca Baldino, direttore generale AOU – di Modena – rappresenta un risultato straordinario, che sintetizza l’eccellenza clinica, la lungimiranza nella programmazione e la capacità di lavorare in rete”.