Rovigo, 5 febbraio 2021 - Omicidio a Sant’Appollinare, ieri tra le 18 e le 19 nel campo rom sulla strada che porta a Ceregnano, via Risorgimento. Un ragazzo di 17 anni e mezzo ha ucciso il padre, Eddy Cavazza, rom 46 anni. Lo ha colpito con un machete, poi è fuggito alla guida di una Opel Zafira Station Wagon grigia assieme ad una ragazza di Ceregnano che ha circa 10 anni più di lui. La sua fidanzata. Ma, a tarda notte, il giovane è stato catturato.
Aggiornamento Omicidio Cavazza, fidanzati arrestati
Sul posto la scientifica ha raccolto i reperti fino a notte fonda mentre gli agenti della squadra mobile ascoltavano le testimonianze. Non ci sarebbero molti dubbi su come si sono svolti i fatti. Da Conselve (Padova) erano arrivati diversi altri nomadi che lavorano nel mondo delle giostre, allertati dai loro parenti che abitano a Sant’Apollinare in un gruppo di roulotte sul ciglio della strada. Hanno raccontato come sono andate le cose.
Nella frazione di Sant’Apollinare abita un’unica famiglia rom anche se numerosa, quella di Eddy Cavazza che ha messo al mondo cinque figli. Uno di loro però (l’omicida), stando ai racconti dei parenti, da almeno un anno a questa parte l’aveva giurata al padre. Non andavano più d’accordo. Tanti i litigi e le discussioni tra i due. Fino a quella di ieri quando il 17 enne è entrato nella roulotte dei genitori. Inizialmente se l’è presa con la madre e l’ha colpita. Poi ha usato il machete contro il padre, l’ha ucciso ed è scappato in macchina con la fidanzata. I parenti, che alle 22,30 erano ancora sul ciglio della strada ad osservare i poliziotti al lavoro, hanno raccontato che il 17 enne dopo essere scappato avrebbe chiamato un conoscente e gli avrebbe detto di aver ferito il padre. Secondo loro non sapeva di averlo ucciso ed era ancora nei paraggi. Attorno alle 22,15 sul luogo della tragedia è arrivato il pubblico ministero che coordinerà le indagini, Maria Giulia Rizzo, accompagnata in auto dal capo della mobile, Gianluca Gentiluomo. Il cadavere era ancora lì, ad una ventina di metri dall’accampamento di roulotte, sul viottolo che conduce ad una abitazione, quella dei "vicini di casa" della famiglia rom. A chiamare i soccorsi e le forze dell’ordine sono stati gli stessi rom.