Rovigo, 15 novembre 2019 . Il quadro della sacca di Scardovari (foto), mentre già si addensano nuvole scure nell’orizzonte, è una scia di detriti, reti ammassate, tavole spezzate buttate contro la massicciata di terra. Tra quella distruzione, a poche ore dalla mareggiata che si è portata via 57 cavane, lasciandone 13 in pessime condizioni, i pescatori erano lì, con le loro mogli, i figli. Una manciata di chiodi, il martello in mano per sistemare quelle casupole che sono un po’ come le loro aziende, lì preparano le reti, lì hanno i macchinari che servono per la raccolta delle vongole e delle cozze. Tutto il loro mondo, tutta la loro vita in una manciata di metri quadrati di assi di legno che si affacciano sul mare.
Era lì, insieme alla sua famiglia, Gianni Dani Azzalin, arrampicato su una scala per sistemare almeno il tetto della cavana. «Piano piano dobbiamo ricominciare», le sue parole che un po’ gli si strozzavano in gola pensando a quello che è successo e a quello che deve ancora succedere. E’ in arrivo un’altra ondata di maltempo che, se sarà violenta come la prima, rischia di dare la mazzata finale a queste ancora traballanti strutture. Azzalin, Finotti, Boscolo, Carnacina, Be llan nomi che raccontano di famiglie che hanno le loro radici in questo lembo di terra e mare, famiglie che hanno fatto la storia del Delta con il loro lavoro di pescatori. Ieri erano tutti lì, nel rumore secco del martello, nel ronzio di qualche trapano.
«Nemmeno nel 1966 abbiamo assistito ad una devastazione del genere», dice Fabrizio Angelo Boscolo, parente del poeta pescatore, quell’omino che andò anche in tv nella trasmissione Lascia o raddoppia di Mike Bongiorno. Boscolo conosce il Delta come le sue tasche. «Dobbiamo alzare la testa, fianco a fianco. Questa è sempre stata la nostra forza», dice guardano quell’orizzonte che non promette niente di buono. Lorenzo Carnacina, responsabile di una cooperativa ittica, guarda quelle nuvole farsi sempre più scure e scuote la testa. «Uno scenario agghiacciante, ora incrociamo le dita», dice.
«Nel territorio di Porto Tolle e della costa polesana, dopo la furia dell’acqua di questi giorni, ci troviamo di fronte ad una devastazione che forse trova un unico precedente dopo la storica alluvione del 1966. So che i polesani sono già al lavoro per risollevarsi e voglio assicurare che la Regione è al loro fianco ed è impegnata perché vengano date risposte rapide – dice il presidente della Regione del Veneto Luca Zaia –. Lo scenario ci mostra come la natura si sia accanita anche lì con una forza eccezionale e paurosa, scagliandosi rovinosamente sulle attività imprenditoriali del territorio. Ha lasciato uno scenario non meno apocalittico che altrove con cavane distrutte, barche squarciate e pontili fuori uso. In questa tragedia, comprendo il dolore dei cittadini che hanno subito ingenti danni, molti dei quali avevano appena rimesso in sesto la loro attività dopo la distruzione di Vaia un anno fa. Con queste infrastrutture ad essere colpita in maniera rilevante è una delle principali realtà economiche del Veneto. Stiamo parlando di molluschicultura, pesca e orticoltura: una serie di attività che danno sostentamento a centinaia e centinaia di famiglie. Anche per questo, ringrazio le forze dell’ordine, i volontari della Protezione civile ed i sindaci per il lavoro svolto senza sosta in questi giorni. Un lavoro portato avanti insieme ai residenti che da subito si sono rimboccati le maniche, confermando come gli altri Veneti di sapere reagire e rialzarsi. La Regione è e sarà al loro fianco».
«La Regione – interviene l’assessore al Territorio Cristiano Corazzari – è al fianco dei polesani che sono già al lavoro per risollevarsi da questa tragedia devastante. Da parte mia l’impegno, insieme alla giunta regionale, a collaborare per fronteggiare questa situazione che ha devastato il nostro polesine e far ripartire quanto prima il lavoro dei nostri pescatori».