Riccione, 6 settembre 2024 – La loro storia è tenera e struggente, degna di una delle migliori pagine del libro Cuore. A proporla al grande pubblico è il docufilm Vakhim, la storia vera che vede coprotagonista la riccionese Maklin Tosi, oggi 22 anni, studentessa di architettura, e il fratello 18enne, dal cui nome prende il titolo il lungometraggio della regista Francesca Pirani.
L’opera, che si sviluppa in un caleidoscopio di emozioni e grandi sentimenti, oggi sarà presentata alle Notti Veneziane, spazio Giornate degli Autori, nell’ambito dell’81esima Mostra internazionale d’arte cinematografica di Venezia.
Al centro i due fratelli adottati in Cambogia, nell’orfanatrofio di Pnon Penh, conosciuto come "il pollaio". Ospitava altri due loro fratellini e tanti bimbi poveri.
Maklin è stata accolta dai coniugi Mauro Tosi e Mirella Mussoni di Riccione che aveva 6 anni; Vakhim, che aveva all’epoca solo 4 anni, da una coppia romana, quella formata dalla regista Pirani e del marito Simone Borra.
Le due famiglie non si conoscevano, né sapevano che i loro figli e altri due bimbi appartenevano alla stessa madre biologica. I due fratelli adottati però non hanno mai smesso di cercarsi a vicenda. Poi l’incontro tanto agognato, soprattutto da Maklin che, prima di lasciare l’orfanatrofio in Cambogia si era fatta scattare una foto insieme ai suoi tre fratelli. Un’mmagine custodita sempre sotto il suo cuscino.
Il documentario parte dagli anni dell’infanzia, con riprese fatte dalla regista al figlio adottato quando era un bambino, e arriva al recente incontro con Yon Neang, madre naturale. "L’emozione nel rincontrarla è stata forte, appena l’ho vista, ho pianto a dirotto – racconta la stessa Maklin – Quando un anno fa, mentre con Vakhim e i suoi genitori eravamo in Cambogia per effettuare le riprese, ci hanno detto che l’avevano trovata, non volevo crederci".
Durante l’incontro "ho guardato il suo naso, uguale al mio. Lei mi ha spiegato anche l’origine di alcune mie piccole cicatrici... Mi sono tornate alla mente così tante immagini, la sua bellezza e non ho più avuto dubbi. Da allora ho mantenuto i contatti con lei. Il mio sogno ora è di poterle costruire una casa, perché lei vive in una capannina col pavimento malmesso e il buco nel soffitto coperto dalle canne. Mi sono innamorata del posto: è tutt’altro mondo rispetto al nostro. Lì in Cambogia hanno una gentilezza che nulla chiede in cambio. Non hanno niente, eppure ti danno tutto".