Villa Verucchio (Rimini), 12 gennaio 2025 – Quattro lunghi applausi. I primi tre per le vittime della follia di Muhammad Sitta, Diego, Nicolò, i coniugi Dario e Nadia: che portano ancora addosso i segni lasciati dal coltello. Il quarto – quello più forte e scrosciante – per Luciano Masini, il comandante della stazione dei carabinieri che quella sera ha sfidato la morte per salvare i suoi concittadini sparando contro l’accoltellatore. Villa Verucchio rialza la testa dopo la notte del terrore, dopo il Capodanno di sangue che ha fatto sprofondare il paese intero in un incubo ad occhi aperti. Perché, come dice Stefania, la mamma di Diego (uno dei due 18enni accoltellati dal 23enne egiziano), “da mio figlio ho imparato una lezione importante, ovvero che il dolore si combatte con i piccoli gesti, con la quotidianità. Per questo non dobbiamo soccombere alla paura”.
C’è un paese intero che non si rassegna a vivere nell’angoscia e che ieri ha deciso di battere un colpo, di far sentire la propria voce. Tante, tantissime persone si sono date appuntamento in piazza Europa, stringendosi come un corpo solo attorno ai feriti (erano presenti le mamme dei due ragazzi, oltre a Nadia, mentre il marito di quest’ultima è ancora convalescente dopo essersi sottoposto ad un intervento chirurgico) e, simbolicamente, attorno al “comandante”, “il nostro eroe”, il luogotenente Masini. L’occasione è stata data dalla consegna ufficiale degli assegni (5mila euro a testa per i due studenti più 5mila euro ai coniugi romani, per aiutarli “nelle cure e a intraprendere eventuali azioni legali”) frutto della raccolta fondi promossa dall’associazione “Vieni a Villa Verucchio” con l’obiettivo principale di aiutare il carabiniere – indagato dalla procura di Rimini – a pagare le spese di un eventuale processo. Una colletta virtuale da record: quasi 2mila donazioni da tutta Italia, 45mila euro messi insieme. La trasparenza non è un optional in questi casi. “Una volta conclusa l’iniziativa, rendiconteremo tutto in una assemblea pubblica e presenteremo anche le necessarie certificazioni” ha chiarito il commercialista Fabio Fraternali.
“Questa è una bella giornata perché oggi ci ritroviamo qui come comunità – dice la sindaca Lara Gobbi, presente insieme al vice Christian Maffei –. Questo fatto gravissimo ci ha uniti, abbiamo reagito di fronte all’orrore e ora siamo più solidali e compatti di prima. Ci sono ferite che guariscono rapidamente e altre che restano più in profondità: sono quelle a cui va rivolta la nostra attenzione”. “Il nostro grido – dice Paolo Gabriele, titolare del Ghetto 46 – è arrivato lontano, fino alla premier Meloni, che ci ha tenuto a ringraziare il nostro comandante Masini, proponendo per lui un encomio. Con la nostra petizione, abbiamo raccolto donazioni da tutto il Paese: è un segnale positivo”.
Stefania, la mamma di Diego, parla “di un’ondata di solidarietà che commuove”. Ma invita anche a riflettere, “sul senso di sicurezza che vogliamo per noi e per i nostri figli”. Attenzione però a non ridurre il tutto “a uno scontro tra favorevoli e contrari all’immigrazione”. La riflessione dev’essere più profonda. “Chi ha causato tutto questo – dice – pare avesse dato segni di squilibrio mentale. E allora non possiamo sottovalutare il tema della presa in carico, anche da un punto di vista psicologico, delle persone a cui diamo accoglienza”. “Siamo ancora molto provati, ma la vostra vicinanza ci è stata di conforto durante le ore interminabili trascorse in ospedale – dice Ilenia, mamma di Nicolò –. Pian piano i ragazzi stanno tornando alla normalità ed questa la cosa più importante”.