Due dosi di Pfizer già fatte, eppure per Tommaso Valenti l’agognato Green pass resta un miraggio. "E’ da mesi – dice disperata sua madre, Angelica Nanni – che telefoniamo tutti i giorni al ministero della Salute e all’Ausl, per risolvere la situazione. Eppure ancora nulla: mio figlio, regolarmente vaccinato, non riesce a ottenere il Green pass. Così rischia di perdere anche il suo lavoro estivo in hotel". La vicenda è a dir poco kafkiana. E0 la disavventura di chi, suo malgrado, rimane impigliato nelle reti della burocrazia italiana. Tommaso, che ha 17 anni, si è vaccinato non in Italia, ma negli Stati Uniti. Si trovava ancora a Show Low, cittadina dell’Arizona, a tre ore di auto da Phonix, quando "gli è stata offerta la possibilità di vaccinarsi". Il giovane riminese, partito per gli Stati Uniti a dicembre per studiare sei mesi là, ne ha parlato subito con i genitori. "In Italia – racconta la madre – ancora non era chiaro quando i ragazzi come mio figlio avrebbero avuto la possibilità di vaccinarsi. Così gli abbiamo detto di farlo senza indugi". Tommaso si vaccina. Gli somministrano Pfizer: l’11 aprile la prima dose, il 2 maggio la seconda. Dall’America arriva il certificato vaccinale, che i genitori di Tommaso comunicano all’Ausl. Sembra tutto a posto. Tommaso torna a casa a giugno, e poi cerca di avere il Green pass. "Ma nonostante la vaccinazione sia stata riconosciuta (è presente anche nel fascicolo sanitario) non riusciamo a scaricare il codice per la ’carta verde’". Parte da quel momento un calvario che non si è ancora concluso. "Abbiamo fatto tantissime telefonate: al numero verde 1500, al ministero. Niente da fare: ogni volta gli operatori non sanno cosa rispondere e soprattutto come risolvere il problema. Pure l’Ausl, che non ha colpe, non sa come aiutarci. Intanto Tommaso è senza il Green pass, non potrà andare in palestra, rischia di non poter andare in vacanza a settembre e soprattutto di perdere il posto di lavoro in hotel".
CronacaGreen pass: vaccino negli Usa, negata la carta verde