La cronaca degli ultimi giorni ha portato alla ribalta un caso che sta accendendo i riflettori su un tema spinoso: il cosiddetto ’atto dovutoì. La notte di Capodanno, a Villa Verucchio, il comandante dei carabinieri ha usato l’arma d’ordinanza per fermare un uomo che stava accoltellando dei passanti. Una situazione drammatica, che sembrava destinata a seguire il consueto iter burocratico-giudiziario, con l’iscrizione automatica nel registro degli indagati del militare coinvolto. Eppure, questa volta qualcosa è cambiato. Il clima che circonda il caso ha preso una piega diversa. A partire dalla manifestazione spontanea degli abitanti di Villa Verucchio in sostegno del loro maresciallo, passando per la crescente consapevolezza pubblica, fino all’intervento di autorevoli figure politiche. L’onorevole Galeazzo Bignami, capogruppo di Fratelli d’Italia alla Camera, ha dichiarato che il suo partito sta valutando modifiche legislative per escludere l’iscrizione automatica nel registro degli indagati in casi simili. Una proposta che ricalca quanto il Sulpl – Sindacato Unitario Lavoratori Polizia Locale – chiede da anni.
"È surreale che chi compie il proprio dovere debba affrontare un calvario giudiziario", commenta Luca Falcitano, Segretario Regionale del Sulpl Emilia Romagna. "Non è accettabile che un operatore delle Forze dell’ordine, oltre al rischio di non tornare a casa, debba temere una persecuzione legale che lo accompagna per anni, pur essendo innocente".
Questa battaglia non è nuova per il Sulpl che da tempo cerca di sensibilizzare l’opinione pubblica e coinvolgere anche i sindacati delle Forze di Polizia dello Stato per un fronte comune. Il punto cruciale è ridisegnare una norma che non protegga i veri responsabili di abusi, ma che al contempo non criminalizzi chi agisce in situazioni estreme per salvaguardare la sicurezza pubblica.