Rimini, 10 gennaio 2025 – “Allah proteggimi tu. Oh Allah aiutami. Aiutami tu”. Dall’arabo all’italiano, come tradotto dall’arabista interpellato dalla procura di Rimini, sono queste le ultime parole che Muhammad Sitta ha pronunciato prima, dopo e durante gli accoltellamenti in strada a Villa Verucchio.
Le sue ultime parole, fino a poco prima che il comandante della stazione locale dei carabinieri aprisse il fuoco contro di lui, uccidendolo con cinque colpi di pistola dopo averne esplosi sette per terra, nell’estremo tentativo di convincere Muhammad a lasciare andare il coltello. Prima di cadere a terra senza vita, Sitta ha ripetuto in lingua araba, come una litania, parole di preghiera e implorazione che, però, gli investigatori dell’Arma non hanno ricondotto in alcun modo alla matrice terroristica. Dal momento che in questi giorni nessuna organizzazione non ha nemmeno rivendicato le azioni di Sitta.
Una semplice preghiera insomma, come quella compiuta ieri pomeriggio davanti all’obitorio dell’ospedale Infermi di Rimini, dove una cinquantina di egiziani si sono trasferiti per salutare un’ultima volta il connazionale. Proprio ieri pomeriggio infatti la salma del 23enne egiziano è stata trasferita all’aeroporto Malpensa di Milano. Da lì poi questa mattina il corpo verrà trasferito al Cairo, in Egitto. E poi da lì al paese natìo di Sitta, dove verrà seppellito come da volontà della famiglia.
Nel frattempo, chi indaga continua senza sosta a scavare nel passato di quel ragazzo arrivato in Italia due anni fa, quando come da protocollo il giovane egiziano era stato sottoposto alle verifiche del caso sul suo stato di salute. Anche mentale. Per verificare se Sitta portasse con sé traumi o altre problematiche, il 23enne aveva sostenuto una serie di colloqui con alcuni psicologi che ne avevano evidenziato alcuni stati d’ansia. Ma al momento, non risulterebbero prescrizioni specifiche nei confronti dell’egiziano, con le cartelle cliniche che sono tuttora in via di acquisizione da parte degli investigatori dei carabinieri. Da capire infatti è se il farmaco antipsicotico che Sitta aveva nella propria casa a Villa Verucchio gli fosse stato prescritto da qualche psichiatra, che gli avesse magari diagnosticato un disturbo specifico. Comunque si tratterebbe di un farmaco non pesante, per lenire i disturbi del sonno. Tant’è che Sitta, secondo alcuni testimoni, nel periodo trascorso in Italia avrebbe vissuto momenti di umore alterni.
A partire da un inserimento in salita, una volta arrivato nel Riminese dall’Egitto, poi la vita di Muhammad in Italia sarebbe migliorata quando il giovane aveva trovato un impiego a tempo indeterminato come muratore. In un’azienda edile del territorio. Non è ancora chiaro però cosa abbia portato poi a interrompere il rapporto di lavoro e, con esso, anche l’invio dei soldi a casa. Forse, sarebbe stata proprio la preoccupazione per il lavoro ad aggravare lo stato di salute psicologico del ragazzo, che aveva sì iniziato a lavoricchiare, ma solo saltuariamente. Inoltre, in attesa che siano gli esami tossicologici ad alzare il velo di mistero su eventuali sostanze che Sitta potrebbe avere assunto prima degli accoltellamenti, alcuni testimoni hanno anche riferito che il 23enne era un abituale consumatore di sostanze stupefacenti tipo hashish.