Rimini, 19 febbraio 2024 – Una condanna e un’assoluzione. È questo il punto di approdo in primo grado del processo iniziato dopo che la guardia di finanza della Tenenza di Cattolica, coordinata dal pm Luca Bertuzzi, tre anni fa svelò il maquillage finanziario messo in piedi dal rappresentante legale di una società di Riccione votata alla compravendita di automobili.
Un’operazione che sarebbe stata perpetrata nel tempo dal riccionese di 70 anni e difeso dall’avvocato Valentina Baroni, tra il 2017 e il 2018 quando l’imputato aveva in ben più di una occasione prodotto fatture di acquisto che attestavano falsamente l
’ importazione diretta di auto dalla Germania, facendo risultare quali destinatari i suoi clienti (con tanto di firme falsificate), che in realtà ne erano all’oscuro di tutto. Il tutto per non dover così pagare l’Iva sulle automobili importante, arrivando ad accumulare secondo le accuse un "ingiusto profitto" per oltre centomila euro (104.643,37 per essere precisi).L’accusa per i reati, tra gli altri, di truffa e falso ideologico è così costata nei giorni scorsi una condanna a quattro anni e un mese di reclusione per l’imprenditore la cui difesa ha già fatto sapere di voler ricorrere in appello, una volta che verranno depositate le motivazioni della sentenza, entro il 15 maggio. Una sentenza in primo grado che ha invece assolto, con formula piena, il co-imputato, difeso dall’avvocato Stefano Caroli. Marco Triggiani era finito indagato per la medesima vicenda poiché ritenuto – erroneamente, ha stabilito il giudice – socio di fatto della società a cui sono stati imputati i raggiri finanziari. Una valutazione compiuta "per il semplice fatto che il mio assistito lavorava nello stessa struttura del co-imputato", ha spiegato l’avvocato Stefano Caroli. Nei confronti del 44enne in virtù dell’assoluzione è stato poi disposto anche il dissequestro della somma equivalente per 104mila euro che era stata ’congelata’ preventivamente in fase di indagini dalla Finanza.
Per il co-imputato condannato invece a 4 anni, il giudice ha ritenuto fondate le accuse per cui – stando alla ricostruzione operata dalle Fiamme Gialle – l’uomo a fronte di fatture di vendita per l’acquisto delle automobili dalla Germania, che venivano rilasciate lui dal fornitore tedesco ufficiale, egli autoproduceva le fatture d’acquisto che certificavano invece l’importazione diretta delle macchine, mettendoci dentro i nomi di fornitori di fantasia e facendo così risultare come destinatari i loro clienti.
Quindi, l’imputato le presentava alla Motorizzazione Civile, insieme alle autocertificazioni, mettendoci sopra la firma falsa dei clienti fittizi destinatari. Con questo stratagemma, le auto venivano immatricolate dalla Motorizzazione in esenzione di Iva, inducendo in errore lo stesso Ente. In sede di indagini, la guardia di finanza era arrivata a conteggiare appunto un’Iva non versata da parte dell’imprenditore settantenne pari a 104mila euro, a fronte di ricavi effettivamente percepiti di oltre mezzo milione di euro.