Rimini, 29 ottobre 2024 – Una donna di origine sudamericana, da tempo trasferita in Italia, che muore in un incidente d’auto, lasciando sole al mondo le due figlie, la prima appena maggiorenne, la seconda ancora minorenne. In soccorso delle due ragazzine, colpite da un lutto così terribile, era arrivato un 59enne riminese, un tempo legato sentimentalmente alla madre, offrendosi di aiutarle a districarsi nel marasma delle pratiche assicurative e a sbrigare una serie di adempimenti burocratici che le avrebbero consentito di avere accesso al risarcimento della compagnia di assicurazione. Un gesto all’apparenza generoso e disinteressato, ma che secondo la ricostruzione fatta dagli inquirenti avrebbe nascosto un altro intento, ovvero quello di impossessarsi in maniera non propriamente limpida di una fetta del cospicuo patrimonio ottenuto dalle due giovanissime.
Il giudice monocratico di Rimini ha condannato in primo grado Maurizio Manucci ad un anno (pena sospesa) contestandogli l’accusa di appropriazione indebita. La sospensione della pena è condizionata al risarcimento integrale delle due sorelle, che si sono costituite parti civili insieme all’avvocato Enrico Graziosi, per un importo di circa 100mila euro. L’imputato è stato contestualmente assolto dall’altra accusa, quella di esercizio arbitrario della professione di avvocato. I fatti risalgono al 2017, quando la madre delle due ragazze, che all’epoca avevano rispettivamente 16 e 18 anni, morì in un incidente stradale. Subito dopo la tragedia, l’uomo si sarebbe fatto avanti, offrendosi di amministrare i fondi ricevuti dall’assicurazione a seguito della sua morte e di supportare le giovani orfane nella gestione delle varie pratiche burocratiche che ne sarebbero derivate. Complessivamente la compagnia di assicurazione aveva erogato a favore delle orfane e di altri familiari circa un milione di euro.
Dopo un po’ di tempo, le ragazzine si sarebbero accorte che i conti non tornavano. Si sono così rivolte al loro avvocato di fiducia e hanno presentato una denuncia accusando il 59enne di aver fatto leva sui propri poteri di delega per portare via delle cifre considerevoli: sui conti correnti di una e dell’altra sarebbero stati infatti accertati movimenti e prelievi ritenuti anomali per un importo di circa 100mila euro, almeno stando alla ricostruzione fatta nel corso del processo.
Somma che si sarebbe aggiunta a quella che l’imputato aveva già ottenuto - in questo caso in maniera totalmente legittima - dalla compagnia di assicurazione. In questo modo si è venuta a configurare l’ipotesi accusatoria di appropriazione indebita che alla fine ha portato all’apertura di un fascicolo da parte della Procura di Rimini che nel 2023 aveva chiesto il rinvio a giudizio del 59enne. Quest’ultimo ha sempre respinto le accuse, ma il giudice di primo grado ha infine riconosciuto le ragioni delle orfane. Non è da escludere un possibile ricorso in Appello contro la sentenza.
l.m.