REDAZIONE RIMINI

Si ammala in missione: ex militare chiede il vitalizio al ministero

La battaglia legale: fuciliere del San Marco ha contratto una serie di patologie dopo essere stato in Somalia. Il tribunale del lavoro non gli ha concesso lo status di vittima del dovere, lui ricorre in Appello .

L’ex fuciliere del San Marco vive in Valconca (foto di repertorio)

L’ex fuciliere del San Marco vive in Valconca (foto di repertorio)

Tra il 1990 e il 1992, ha partecipato ad alcune esercitazioni e missioni operative in Somalia, nella zona di capo Teulada, risultando esposto ad agenti tossici e nocivi, forse anche all’uranio impoverito. Per questo motivo un ex fuciliere del Reggimento San Marco avrebbe contratto nel corso della sua carriera militare una serie di patologie invalidanti che lo avrebbero infine portato al congedo dal servizio nel 1994. Da allora l’uomo, che oggi vive in Valconca, è impegnato in un estenuante braccio di ferro con il ministero della Difesa per il riconoscimento dello status di vittima del dovere e conseguentemente di un assegno vitalizio. Nel maggio scorso il giudice del lavoro del tribunale di Bologna ha però respinto la richiesta del militare ritenendo che l’uomo non abbia prodotto, nel corso del procedimento, sufficienti elementi per poter comprovare una sua esposizione "a rischi eccedenti quelli normalmente collegati ai compiti istituzionali che gli erano stati affidati". Decisione contestata dall’ex fuciliere, che ha deciso attraverso il suo legale (l’avvocato Sara Arduini dello studio legale Caroli di Riccione) di ricorrere alla Corte d’Appello di Bologna rivendicando le proprie ragioni e il diritto al riconoscimento dello status di vittima del dovere, chiedendo l’acquisizione di una perizia medica che ha accertato una diminuzione della capacità lavorativa del 35 per cento o che venga eventualmente disposta una consulenza tecnica d’ufficio per l’accertamento dei problemi di salute patiti dall’uomo.

Nella sua memoria, l’ex militare ha precisato di aver preso parte, come graduato in ferma volontaria di due anni, alla missione internazionale promossa dall’Onu ‘Ibis-Restore Hope’, non solo entrando in contatto con ambienti contaminati, ma anche venendo sottoposto ad una serie di vaccinazioni obbligatorie sia durante la permanenza all’estero che al rientro in Italia. Com’è noto, l’uranio impoverito è stato ampiamente utilizzato in diverse guerre, compresa la guerra in Somalia, causando gravi danni alla salute dei militari italiani che operavano senza adeguate protezioni. Il riconoscimento della causa di servizio per le malattie contratte dai militari in missione è fondamentale per ottenere lo status di vittime del dovere e accedere ai benefici previsti. Le vittime del dovere hanno diritto a una speciale elargizione, assegni vitalizi e altri benefici.