MANUEL SPADAZZI
Cronaca

"SanPa, più ombre che luci"

La comunità di San Patrignano prende le distanze dalla serie in onda su Netflix

Foto di scena della serie 'SanPa: Luci e Tenebre di San Patrignano'

di Manuel Spadazzi

E’ un racconto che mostra più ombre che luci. Uscita il 30 dicembre, fa discutere (e non poteva essere altrimenti) la docuserie di Netflix SanPa: luci e ombre di San Patrignano, diretta da Cosima Spender. Ieri la comunità di San Patignano, in una nota stampa, l’ha definita "sommaria e parziale", con una narrazione che si focalizza in prevalenza sulle testimonianze di detrattori". Una fiction che preoccupa "per gli effetti negativi e destabilizzanti che potrebbero ricadere" sulla comunità.

Nelle cinque puntate della serie si narrano i primi anni di Sanpa, e più che la comunità il grande protagonista è il fondatore, Vincenzo Muccioli. Un racconto frutto di tre anni di lavoro (e 180 ore di interviste), con tantissimi filmati d’epoca, intervallati dalle parole di personaggi chiave della storia di San Patrignano. Ecco così il figlio di Vincenzo, Andrea, che alla sua morte (nel 1995) ha gestito la comunità per 16 anni, che nella serie difende orgoglioso la figura del padre e il suo operato, e ancora Antonio Boschini, l’ex ospite diventato il medico responsabile della comunità, e Red Ronnie, amico e sostenitore del fondatore di Sanpa. Ma la serie Netflix lascia ampio spazio anche alle parole di chi, da San Patrignano, è andato via malamente e poi non ha risparmiato accuse negli anni, come l’ex autista e guardia del corpo di Muccioli, Walter Delogu, l’ex addetto stampa Fabio Cantelli e altri ex ospiti della comunità di Coriano. Tra gli intervistati ci sono anche il giudice Vincenzo Andreucci e il figlio di Roberto Maranzano, ucciso a San Patrignano nel 1989.

La serie ripercorre ampiamente i due processi subiti da Muccioli, quello delle ’catene’ per i metodi correttivi usati su alcuni ex tossicodipendenti entrati in comunità, e quello del 1994 per la morte di Maranzano a opera di Alfio Russo. Muccioli fu condannato per favoreggiamento e assolto dall’accusa di omicidio colposo. "Da quel giorno – ricorda il figlio Andrea nella serie – mio padre non si è più ripreso". Vincenzo morì pochi mesi dopo il verdetto (il 19 settembre), la salma accompagnata da due ali di folla, come la serie ricorda con le immagini dell’epoca.

I titoli di coda della serie si chiudono con l’elenco delle persone che hanno rifiutato di essere intervistate, tra cui Letizia Moratti. E’ uno dei punti che fa arrabbiare la comunità. "Per trasparenza e correttezza – dicono da Sanpa – abbiamo ospitato per diversi giorni la regista della serie, che era libera di parlare con chiunque della comunità. Le abbiamo fornito un ampio elenco delle persone che hanno vissuto e o tuttora vivono a Sanpa e di cui conoscono bene la storia passata e presente". Ma "la lista è stata totalmente disattesa, fatta eccezione per Boschini". Per la comunità il risultato finale della serie "è un racconto sommario e parziale", basato "in prevalenza sulle testimonianze di detrattori, alcuni con trascorsi di tipo giudiziario in cause civili e penali conclusesi con sentenze favorevoli alla comunità". "Avevamo espresso dall’inizio – continua Sanpa – la preoccupazione per gli effetti che una serie tv sulle vicende della comunità, se non ricostruite e presentate in maniera equilibrata e contestualizzate, poteva avere sull’attuale realtà della comunità. Purtroppo i timori erano fondati". Tanto che "siamo molto preoccupati per gli effetti negativi e destabilizzanti sull’oneroso lavoro di recupero, reinserimento e prevenzione in cui San Patrignano è impegnata da decenni". Per Sanpa la serie contiene "spettacolarizzazioni, drammatizzazioni e semplificazioni" che ne fanno un prodotto "chiaramente costruito per intrattenimento commerciale, più che una seria ricostruzione documentaria". Non da ultimo, "i principi e metodi del programma terapeutico sono molto distanti da quelli descritti nella docuserie".