Una docuserie originale, italiana, su Netflix, che racconta la storia di San Patrignano tra il 1978 e il 1995. E’ quella che andrà in onda da domani in 190 Paesi, una produzione 42, nuova casa di produzione di Milano.
Nessun attore in scena e neppure una voce narrante ma una storia avvincente raccontata passo dopo passo attraverso un minuzioso lavoro di montaggio, con testimonianze e immagini di repertorio.
Cinque episodi che raccontano la controversa storia della comunità di recupero di San Patrignano, fondata da Vincenzo Muccioli nel 1978. Si intitola ‘SanPa: luci e tenebre di San Patrignano’ e ripercorre il ventennio di gestione della comunità, dalle origini fino alla morte del fondatore, attraversando il contesto sociale, economico e politico nazionale di quel periodo.
E poi ancora le indagini, i ragazzi trovati in catene, l’omicidio di Roberto Maranzano, ospite in comunità, ritrovato morto in Campania. "Non è SanPa di oggi ma quella di più di 30 anni fa – racconta Gianluca Neri, autore della docuserie, insieme a Carlo Gabardini e Paolo Bernardelli, per la regia di Cosima Spender – abbiamo voluto limitarci a quel periodo. E’ stato un lavoro molto accurato, ci abbiamo messo quasi tre anni a finirlo".
Ci racconti in cosa consiste la docuserie.
"E’ stata completamente realizzata attraverso 25 testimonianze, 180 ore di interviste con immagini tratte da 51 differenti archivi per ricostruire la storia. La piaga dell’eroina che ha spezzato un’intera generazione e oggi sembra essere dimenticata da tutti. La volontà di Vincenzo Muccioli di trovare una soluzione e di salvare la vita di moltissimi ragazzi, si alterna alla bufera mediatica e processuale. Un’occasione per ripercorrere, o per scoprire, una storia che ha segnato un’epoca".
Perchè ha voluto lavorare proprio su questo?
"Era una storia che da tempo voleva essere raccontata. L’idea è partita da me. In quegli anni lavoravo nella redazione di ‘Cuore, Settimanale di Resistenza umana’, un periodico satirico italiano. In tutti questi anni ho sempre pensato che questa storia dovesse essere vista sotto vari punti di vista. Non esiste un’unica verità".
Qual è il vostro punto di vista? "Da parte nostra non ci sono commenti. Abbiamo voluto fare un passo indietro e lasciare che le storie parlassero da sole. Vogliamo che lo spettatore possa trarre da solo una conclusione. Al contrario dei giornalisti di allora, che forse erano diventati prima di tutto opinionisti, noi restiamo in silenzio".
Tra i materiali raccolti, anche quelli dagli archivi di Andrea, figlio di Vincenzo.
"Sì. Non so come si ritroverà in quello che abbiamo fatto. Altro materiale che ci è stato consegnato è quello di Red Ronnie, molto vicino a Muccioli. Sono state tantissime le persone che ci hanno aiutato".
C’è chi non è potuto intervenire, come la famiglia Moratti.
"Ci sarebbe piaciuto ma l’intervista non ha avuto luogo".
Avete girato anche all’interno della comunità?
"Sì. Siamo entrati con la nostra regista e abbiamo intervistato uno dei dirigenti e medico".
Tra le testimonianze più attese quella di Fabio Cantelli, ex seguace, collaboratore di Muccioli partendo dalla condizione di tossico, poi parte attiva nelle de
nunce contro quello che non andava, figura-chiave di questo racconto. E infine anche l’intervista ad Andrea Delogu, la showgirl nata proprio a San Patrignano, apprezzata conduttrice televisiva, attrice e scrittrice.
Rita Celli