LEO TURRINI
Cronaca

Rimini, nel nome del Paso L’omaggio a un mito delle moto La sua morte chiuse un’epoca

Una mostra ricorda il campione scomparso cinquant’anni fa sulla pista di Monza. Figura romantica come l’Italia degli anni Sessanta, prima che arrivassero crisi e terrorismo.

Rimini, nel nome del Paso L’omaggio a un mito delle moto La sua morte chiuse un’epoca

di Leo Turrini

È cosa buona e giusta che nella sua città natale, a due passi da Misano, tempio post moderno della velocità su due ruote, si renda omaggio a Renzo Pasolini. Semplicemente “il Paso” per chi c’era in quell’epoca ruggente e romantica a cavallo tra gli anni Sessanta e Settanta, quando ancora tutto sembrava possibile in una Italia che non si rassegnava alla fine, malinconica, del Boom, il Boom economico e sociale, presagio smentito di un futuro che non fu.

Non bisogna mai esagerare con le suggestioni, eppure Renzo Pasolini, eroe proletario della motocicletta, va incontro al tragico destino il 20 maggio del 1973, sulla pista di Monza. Muore insieme ad un eroe nordico, Jarno Saarinen il finlandese. Muore mentre le contraddizioni e le convulsioni di un progresso non sempre ben governato stanno spalancando sotto i piedi del Bel Paese la botola del terrorismo.

Fa quasi male al cuore prendere atto, oggi, che Pasolini, riminese di nascita e molto marchigiano nel seguito dell’esistenza, non diventò mai campione del mondo. Non nella classe 250, non nella 350, non nella 500. L’albo d’oro non gli si aprì mai davanti: come se le sue ruvide origini e il carattere scabro fossero una colpa, un limite, una maledizione.

No, invece. Pasolini Renzo, classe 1938, è stato, in anticipo , il Gilles Villeneuve delle due ruote. Nemmeno il canadese adorato da Enzo Ferrari si laureò iridato. Eppure, a dispetto di un curriculum in apparenza limitato, Gil è un mito assoluto. Con Lauda e Schumi, forma la Santissima Trinità dei fans del Cavallino.

Il Paso, uguale. A lui toccò il ruolo, mediaticamente non facile da sopportare, di rivale dell’idolo nazionalpopolare: Giacomo Agostini, talento pazzesco, viso da attore, protagonista in quella Italia la’ anche di film e di spot pubblicitari.

Nel confronto, Paso era perdente in partenza. Dico fuori dall’asfalto, fuori pista. Perché Renzo non sapeva e non voleva recitare. In compenso andava fortissimo sulla sua Benelli e sulla sua Aermacchi e sulla sua Harley Davidson. Era coraggioso, audace, istintivamente proletario nelle aspirazioni rivoluzionarie affidate alle derapate, alle staccate, ai sorpassi da urlo.

Una volta Giacomo Agostini mi ha detto una cosa meravigliosa: "Quel 20 maggio 1973, ai box di Monza, quando mi vennero a dire che il Paso e Jarno non c’erano più, ecco, dentro ho sentito che qualcosa di me moriva con loro. Renzo non era un nemico, era un fratello nella passione. E con lui il destino fu ingiustamente crudele".

Altre parole, sarebbero inutili.