Rimini, 28 ottobre 2024 – Il rovescio della medaglia. È quanto tentato dal pool difensivo di Louis Dassilva davanti ai giudici del Tribunale del Riesame, rivolgendo l’attenzione non tanto su Manuela Bianchi quanto sul fratello Loris come possibile responsabile alternativo alla tesi della Procura.
Un faro di sospetti acceso sul tavolo del cluedo dai legali di Dassilva (gli avvocati Riario Fabbri e Andrea Guidi) sul fratello dell’amante dell’indagato, su cui però il Riesame è stato tranciante, asserendo che: “La qualificata probabilità che il Dassilva sia autore materiale dell’omicidio non risulta scalfita” al netto di una serie di considerazioni elencate in 31 pagine di motivi.
Parole messe nero su bianco ma che bruciano come fuoco quando il Riesame scrive: “Louis Dassilva, a differenza di Loris Bianchi, risulta altamente probabile che quella sera era effettivamente uscito e si trovava alle 22.17 ad attraversare la via del Ciclamino, come comprovano il colore della pelle, la movimentazione marcata della spalla destra”. Il fatto che la difesa del senegalese abbia sostenuto come Loris potesse essere uscito di casa per poi rientrare per essere immortalato nelle foto di Manuela alle 22.49 (circostanza “verificata scientificamente”) i giudici la ritengono “una ipotesi allo stato non comprovata”.
A far pendere il giudizio è stato anche il fatto che “Louis Dassilva, a differenza di Loris Bianchi, ha evitato di consegnare subito agli inquirenti gli abiti e le scarpe indossati la sera del delitto. Il Dassilva – scrivono ancora i giudici bolognesi – è inoltre autore di altre condotte di depistaggio”. Il Riesame sottolinea poi come “Dassilva a differenza di Bianchi ha ricevuto un addestramento militare che è compatibile con lo spietato quanto abile omicidio realizzato sferrando 29 coltellate in pochi secondi immobilizzando praticamente la vittima”.
E ancora, il movente. Quello più insistito in questi giorni, che per Dassilva racchiude – secondo le accuse – sia la protezione di Manuela che lo scongiurare di perdere quindi “l’oggetto della propria passione”. Diversamente da Loris che invece “avrebbe combattuto essenzialmente per la sorella”, scrivono i giudici del Riesame. Valutazioni: due piatti della bilancia non equilibrati per chi indaga, che ha sottoposto all’attenzione del Tribunale anche diverse intercettazioni ritenute “di rilievo”, compresa una tra Manuela e il fratello Loris in cui la donna a giugno di quest’anno riferiva di una chiacchierata intercorsa tra lei e il suo amante dove la Bianchi avrebbe detto: “Dimmelo tranquillamente, hai rinunciato a una vita con me e hai già preso la decisione di star con tua moglie, dimmelo”. E Louis avrebbe risposto: “Allora tu non hai capito niente di me”: lasciando intendere - nell’interpretazione dell’accusa - “il non mutamento dei propri sentimenti”.
C’è infine il dubbio sugli alibi. Da un lato, quello di Loris, rappresentato dalla nipote che colloca lo zio nell’appartamento di via del Ciclamino quando è stato commesso il delitto, stante una iniziale indicazione di uscita di Bianchi intorno alle 22.05/10, poi corretta in un secondo momento dalla 17enne. Di Dassilva, invece, non convince anche l’alibi fornito lui dalla moglie Valeria Bartolucci, che colloca l’indagato in casa mentre pochi metri più sotto Pierina veniva uccisa. Anche in questo caso però, il Riesame imbocca il sentiero della Procura e sostiene che “l’alibi proviene da una persona che non è in grado di dare sufficienti rassicurazioni a riguardo della sua attitudine a dire il vero anche quando questo si pone contro gli interessi del marito”. A pesare nell’interpretazione è la considerazione dei giudici per cui “la Bartolucci ha tendenza a assecondare i desideri del marito anche quando ciò sacrifichi la sua posizione di moglie”. E ancora: “Dunque la condotta di Valeria Bartolucci appare diretta a mantenere il rapporto col marito a prescindere anche da ciò che le può far male all’animo”, facendo poi riferimento a “i suoi atteggiamenti menzogneri rilevati nell’indagine”.