REDAZIONE RIMINI

Pasolini stroncò l’opera. E in Russia fu censurata

La genesi e le cronache del capolavoro nel libro di Nicola Bassano

Pasolini stroncò l’opera. E in Russia fu censurata

Genesi e cronaca di un capolavoro. Partendo dalle pagine del suo nuovo libro Amarcord story – pubblicato da Aliberti – Nicola Bassano lunedì al Fulgor ripercorrerà le tappe che hanno segnato la realizzazione del film, i retroscena, le critiche e le censure, l’Oscar e i tanti altri premi vinti dall’opera. Con una doverosa premessa: "Nel girare Amarcord Fellini è dominato dalla volontà di non avvicinarsi troppo a Rimini". E non a caso "non cita mai Rimini. Forse per la paura di un coinvolgimento troppo personale che avrebbe potuto condizionare la visione d’insieme. È il pudore di chi, dopo aver abbandonato la città natale, vi fa ritorno per raccontarla e rappresentarne l’anima mostrando i lati più nascosti e intimi".

La strada di Amarcord partì tutta in salita. Il 15 settembre 1973 era uscito in libreria il volume di Fellini e Tonino Guerra, pubblicato da Rizzoli, che anticipava i temi e i personaggi del film che di lì a breve sarebbe uscito sul grande schermo. "Le prime reazioni sono di forte delusione – ricorda Bassano – E una tra le voci più critiche è quella dell’amico Pier Paolo Pasolini che scrive una recensione del libro, nato dalla sceneggiatura, apparsa il 30 settembre 1973 su Il Tempo. La sua reprimenda è dura: secondo lui dietro ai personaggi, ridotti da Fellini a macchiette e dietro agli aneddoti non c’è nessuna storia ma semplicemente il nulla. Ancor più grave è il ricorso al riso che nulla ha a che vedere con l’umorismo". Bassano ricorda che Pasolini scrisse: "Se io fossi un produttore non farei fare a nessuno un film da questo racconto". Nonostante questo, il libro di Fellini e Guerra nato dalla sceneggiatura di Amarcord incontrò il favore del pubblico e si piazzò nella classifica dei libri più venduti in Italia.

I dubbi e le critiche vennero poi dissipati dall’uscita del film nelle sale, il 18 dicembre 1973. Anche se non mancarono i giudizi taglienti, come quelli dell’Osservatore romano e di Famiglia Cristiana. Il regista, per alcuni personaggi femminili di Amarcord, si attirò anche le ire del movimento antifemminista. E la rivista Effe proclamò Fellini vincitore della rubrica ’Un antifemminista al mese’ alimentando il falso mito del regista misogino. Ma in fondo persino le più feroci critiche testimoniarono la potenza narrativa di Amarcord, che valse a Fellini il quarto Oscar come miglior film straniero e tanti altri premi, in Italia e nel resto d’Europa.

Uno dei capitoli del libro di Bassano è dedicato alla censura sovietica. Nel 1982 il film stava per uscire finalmente anche in Russia. Eppure Fellini, molto amato in terra russa, dovette scontrarsi con la censura sovietica che senza minimamente confrontarsi con il regista e la produzione decise di tagliare alcune scene considerate eccessive e volgari, tra cui quella della tabaccaia che mostra il suo seno a Titta e la sequenza in cui tutti i ragazzi si masturbano dentro un’auto. Fellini ci restò malissimo, si definì "sdegnato" dai tagli ai film imposti dalla Russia e disse: "Ancora una volta devo considerarmi particolarmente fortunato, nonostante tutto, di vivere nel mio Paese".

Manuel Spadazzi