Omicidio Paganelli. Isolate tracce di Dna, sono di un maschio. Sangue sul tablet

Esami eseguiti su un lembo della gonna della vittima, ma anche sugli oggetti contenuti nella borsa, come il porta occhiali. Elementi che potrebbero bastare per una svolta decisiva all’inchiesta .

Il Dna c’è e appartiene ad un uomo. Anche se è ancora troppo presto per attribuirgli un nome e un cognome. Come anticipato dal Carlino nei giorni scorsi, emergono i primi riscontri dagli accertamenti irripetibili svolti dal genetista Emiliano Giardina, super consulente del tribunale di Rimini, sui reperti provenienti dalla scena del crimine di via Del Ciclamino, là dove la sera del 3 ottobre 2023 è stata massacrata con 29 coltellate Pierina Paganelli. Gli esperti del policlinico dell’università Tor Vergata di Roma sono effettivamente stati in grado di isolare tracce di Dna dal materiale consegnato dalla polizia scientifica. Tracce scarse, anzi scarsissime. Ma che confermano l’appartenenza ad un individuo di sesso maschile. Il Dna, in questo caso, assume rilevanza ai fini investigativi se proveniente da materiale biologico ben specifico: sangue, saliva o sudore. Le tracce estratte provengono da una delle campionature eseguite su un lembo della gonna strappata indossata da Pierina. Da alcuni frammenti di impronte digitali trovati sulla parete del garage in cui si è consumato l’omicidio. Ma soprattutto da alcuni degli oggetti presenti all’interno della borsa della vittima: gli occhiali, la custodia porta occhiali e il tablet. Su quest’ultimo, in particolar modo, sarebbero state rinvenute gocce di sangue ed è proprio su di esso che si sta concentrando l’attenzione degli inquirenti, coordinati dal pm Daniele Paci. Tracce di Dna maschile anche su un bisturi, sequestrato in casa di Louis e della moglie Valeria Bartolucci. Come già detto, le tracce isolate sono piuttosto scarse, quasi nulle. Eppure potrebbero bastare ad imprimere una svolta decisiva all’inchiesta sull’omicidio dell’infermiera di 78 anni. Questa almeno è la speranza degli investigatori della squadra mobile, guidata dal commissario capo Marco Masia. Le tracce, per quanto esigue, dovranno essere sottoposto ad una delicata operazione di genetica forense, quella dell’amplificazione. L’amplificazione simultanea produrrà frammenti di Dna amplificato, cioè moltiplicato, che saranno di lunghezza diversa da ‘locus’ a ‘locus’ e da individuo ad individuo, generando così profili genetici unici. A quel punto, e solo a quel punto, sarà possibile tentare la strada della comparazione con altri profili genetici. A cominciare da quello di Louis Dassilva, il 34enne senegalese in carcere dal 16 luglio scorso in quanto unico indagato per il delitto. Ma non è nemmeno da escludere che il test possa restituire un terzo profilo genetico, diverso da quello dell’indagato e della vittima, che in quel caso dovrà essere inserito per una comparazione nella banca dati della polizia di Stato.

Lorenzo Muccioli